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Intervento di Bettina Foa, Fondazione Alexander Langer: L'ARTE DEL PRENDERSI CURA

8.10.2013, Fondazione

A nome della Fondazione Langer vorrei ringraziare anch’io la presidente Laura Boldrini, la vice-presidente Marina Sereni e le deputate della Presidenza, per la loro decisione di rinnovare la tradizione di questo appuntamento per noi così importante.

Eravamo in questa sala un anno fa con l’Association tunisienne des Femmes Démocrates, premio Langer 2012, in un momento molto importante per la transizione democratica della Tunisia e, più in generale, per i paesi della sponda meridionale del mediterraneo. Le problematiche che abbiamo allora trattato, relative ai diritti umani e più in specifico delle donne, continuano a essere più che mai rilevanti.

Con questo spirito desideriamo mandare un segno di vicinanza al popolo siriano che sta lottando con grande coraggio e perseveranza contro la dittatura di Assad.

E rivolgere un commosso pensiero a tutti i profughi che rischiano la loro vita alla ricerca di un mondo con più opportunità.

 

"L’Europa nasce o muore a Sarajevo, Accogliamo le donne algerine vittime della violenza islamista".

Questi gli ultimi due interventi di Alexander Langer al Parlamento europeo, nel giugno 1995. Avevano al centro proprio l’urgenza di un partenariato euro-mediterraneo che valorizzasse quest'eredità comune, all'incrocio di tre continenti e di così ricche culture.

 

Il premio di quest’anno ai Donatori di musica ci è parso inizialmente di un segno diverso rispetto alle problematiche più politiche, di prevenzione dei conflitti, di dialogo e convivenza tra popoli. Un premio che sembrava parlare più alla nostra interiorità, alla necessità di trasformare il nostro quotidiano. L’abbiamo chiamata “l’arte del prendesi cura”. Questa la ricerca che abbiamo avviato nelle giornate di “euro mediterranea” a Bolzano, all’inizio di luglio.

E ci è venuto naturale ripensare agli insegnamenti di Gandhi e poi di Ivan Illich e della sua allieva Barbara Duden, cari ad Alexander Langer. Nei loro interventi denunciavano gli effetti potenzialmente patogeni della medicina  moderna, di una vita medicalizzata, nonché di relazioni distorte causate dalle disparità di conoscenze e di potere tra chi soffre e chi cura.

 

Con il premio ai Donatori di musica, il Comitato scientifico della Fondazione ha voluto segnalare e incoraggiare la diffusione di questa esperienza adottata sistematicamente in alcuni ospedali italiani.

La grande musica entra nei reparti e favorisce la creazione di un spazio liberato dalla rigidità dei ruoli che tendono a rinchiudere il paziente nell'identità esclusiva di "malato di professione" e a isolarlo – insieme a medici e infermieri - in una enclave istituzionalizzata.

Dice la motivazione del premio:

“Per rompere la segregazione e coinvolgere la società nella cura dei suoi ammalati, il concerto organizzato nei reparti prende senso come strumento di condivisione; lo si prepara insieme, insieme si vive la beatitudine che la musica sa dare, insieme si gusta il buffet che accompagna l'incontro e insieme si cambia.

 

La presenza nel reparto dei musicisti, un pezzo di mondo dal quale i pazienti sono stati esclusi o si sono lasciati escludere, ha consentito - dicono i Donatori - una “rivoluzione imbarazzante” per la sua semplicità: iniziata dalla consapevolezza che ognuno è nello stesso tempo sano e malato, spesso in transito da una condizione all'altra, questa rivoluzione è approdata alla scoperta che non necessariamente il paziente è la figura che chiede e riceve, può altrettanto bene essere quella che offre e dà. In questa logica di scambio, l'artista porta la sua musica, gli operatori le proprie conoscenze, i malati il proprio sapere, con l'esperienza del dolore, ma anche storia della vita che si è vissuta e si spera di tornare a vivere."

 

Il bel libro che la presidenza della Camera ci ha voluto donare a conclusione della scorsa legislatura, racconta come anche altri premi, pur con sfaccettature diverse, ci avevano obbligati a pensare al tema della salute. Così è stato nel 2003 con l'associazione Gabriele Bortolozzo per il suo impegno contro le emissioni  nocive di Porto Marghera; o il premio del 2005 alla psichiatra bosniaca Irfanka Pasagic che cura le vittime del genocidio di Srebrenica dai traumi ancora evidenti. Quello del 2006 all'ostetrica dai piedi scalzi di Bali Ibu Robin Lim, e il premio del 2007 al sudafricano Zackie Achmat che nel suo paese conduce una difficile battaglia per garantire ai malati di AIDS la somministrazione dei farmaci attraverso il servizio pubblico.

Vorrei infine ricordare il premio 2010 alla fondazione Stava1985 che ha vissuto una tragedia così simile a quella del Vajont di cui ricorre oggi il 50moanniversario.

 

Ora ci rendiamo conto che l’”Arte del prendersi cura” li attraversa tutti e che anche gli altri premi chiedono sostanzialmente la stessa qualità di relazioni  che i Donatori di musica ci propongono.

 

Li sentiamo in sintonia con le conclusioni di una relazione di Langer del novembre 1990 al congresso nazionale dell'Associazione  infermieri di area critica: “Sviluppare la gratuità vorrebbe dire difendere e valorizzare tutti i luoghi  in cui ci si può ritrovare, si può sostare, ci si può parlare, senza dover fare parte di una struttura, senza dovere pagare il biglietto di ingresso, senza essere abbonato a un circuito, senza avere poi un contratto di assistenza tecnica che dopo cura la manutenzione".

 

Un bel programma per tutti noi.

 

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