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A Irfanka Pašagic; il Premio Internazionale Alexander Langer 2005 - Motivazioni

1.7.2007, Fondazione

Irfanka Pašagić è nata a Srebrenica nel 1953. Dopo aver studiato a Sarajevo e Zagabria, ottenendo la specializzazione in psichiatria, è tornata a lavorare nella sua città natale, dove è rimasta fino all’aprile 1992.
Nel corso della prima ondata di pulizie etniche è stata deportata raggiungendo insieme ad altri profughi, dopo varie traversie, la città bosniaca di Tuzla che dopo la caduta di Srebrenica nel luglio del 1995 fu invasa da una nuova ondata di profughi, perlopiù donne e bambini, vedove e orfani, tutti in condizioni terribili. Lì, nell’ambito della rete internazionale “Ponti di donne tra i confini”, creata nel 1993 da “Spazio Pubblico” di Bologna, Irfanka ha fondato il centro “Tuzlanska Amica”. Grazie a un progetto di “adozione a distanza”, in questi anni è riuscita a dare una famiglia a oltre 800 bambine e bambini, e ora anche una casa agli orfani entrati nella maggiore età. La sede dell’associazione, dotata di un bel giardino e di un salone in cui si tengono corsi di lingua, feste e incontri conviviali, è diventata uno dei pochi luoghi dove donne, bambini, uomini traumatizzati, possono ricevere aiuto psicologico, ma anche assistenza medica, sociale, scolastica e legale. Si sono così creati anche alcuni posti di lavoro, destinati in primo luogo a giovani donne, anch’esse profughe, che per la loro esperienza sono in grado di entrare in profonda empatia con le persone che si rivolgono al centro.
L’adozione a distanza, sostenuta da una straordinaria rete di associazioni e istituzioni operanti soprattutto in Emilia Romagna e Liguria, non si limita alla distribuzione di soldi: i genitori adottivi, oltre allo scambio di lettere e foto, ricevono puntualmente un rapporto sullo stato di salute, sull’andamento scolastico dei bambini e sono incoraggiati a visitarli a Tuzla o a ospitarli per periodi di vacanza e ristoro.
Grazie all’organizzazione olandese “Mala Sirena” Irfanka Pašagić ha potuto concretizzare quella che era stata un’altra intuizione importante: la creazione di un team mobile, per andare a cercare e assistere nelle campagne, tra gli oltre 250.000 profughi che vivono in condizioni molto precarie nel distretto di Tuzla e Srebrenica, i casi più difficili e nascosti, attivandosi dapprima con un aiuto di tipo umanitario, per poi verificare l’opportunità di un intervento anche psicologico per i componenti più vulnerabili del nucleo familiare.
Irfanka Pašgić partecipa al progetto “Promoting a Dialogue: Democracy Cannot Be Built with the Hands of Broken Souls”, diretto dalla psicologa e “traumatologa” di New York Yael Danieli, per il quale si è anche recata alcune volte in Ruanda. E’ un progetto di dialogo interetnico, rivolto specificamente agli operatori e ai professionisti dell’assistenza sociale e medico-psicologica, teso a rompere quella “cospirazione del silenzio” che tanto contribuisce a perpetuare traumi e conflitti tra le generazioni. E’ questo anche il senso della sua collaborazione con l’associazione “Women of Srebrenica” e con molte persone, come la belgradese Natasa Kandic e la kosovara Vjosa Dobruna, già premi Alexander Langer nel 2000, impegnate con lei nella stessa direzione. Il suo lavoro di psichiatra è ben descritto dal libro “Traumi di guerra” e dalla raccolta di racconti “I bambini ricordano”, realizzata dalla pedagogista della sua équipe Ljubica Itebejac.
Fin dall’inizio del suo impegno Irfanka Pašagić ha dimostrato grande sensibilità e buon senso nell’individuare forme adeguate di aiuto alle decine di miglia di profughi accolti nel distretto di Tuzla. Ha dato costante sostegno al lavoro delle organizzazioni di volontariato, locali e internazionali, scoraggiando qualsiasi discorso fondato su stereotipi e non lesinando critiche anche alla propria parte. E’ infatti difficile sentirla parlare di “Serbi”, “Croati”, “Bosniaci”, perché, secondo Irfanka, ciascuno deve rispondere delle proprie responsabilità individuali.
Nella sua lunga esperienza con le donne e i bambini traumatizzati ha ascoltato centinaia di storie terribili, eppure non c’è mai rancore nelle sue parole, neanche quando parla di chi occupò la sua casa.
Ogni volta che qualcuno le chiede della situazione in Bosnia, Irfanka risponde: “vieni a vedere”. E’ poi sempre molto curiosa di conoscere le impressioni dei suoi “ospiti”, instancabilmente disponibile a rispondere alle loro domande oltre che ad accogliere il disagio delle persone più sensibili. A “Tuzlanska Amica” offrono la loro collaborazione volontaria molti giovani, che vi trovano un luogo di formazione fertile e ben accompagnato. Il corso per operatori e operatrici di pace, organizzato dalla Formazione Professionale di Bolzano, ha per questo stipulato un accordo per lo svolgimento a Tuzla di alcuni stage previsti dal programma didattico.
Irfanka Pasǎgić può essere davvero definita una “portatrice di speranza”. Nell’assegnare a lei il premio quest’anno la Fondazione vuole contribuire a una necessaria riflessione sulla strage genocidaria di Srebrenica e nello stesso tempo a ripercorrere i passi che avevano portato Alexander Langer ad adottare dieci anni fa le ragioni della città interetnica di Tuzla.


Il Presidente del Comitato Scientifico Renzo Imbeni
Il presidente della Fondazione Helmuth Moroder

Il Comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung, composto da Renzo Imbeni (presidente), Gianni Tamino (vicepresidente), Anna Bravo, Ursula Apitzsch, Patrizia Failli, Annamaria Gentili, Liliana Cori, Pinuccia Montanari, Margit Pieber, Alessandra Zendron, ha deciso di attribuire a Irfanka Pašagić, presidente di Tuzlanska Amica, il premio internazionale Alexander Langer 2005, dotato di 10.000 euro offerti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano.


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