Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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Marco Boato: Langer, profeta laico

3.9.1995, da "Il Mattino", 3.9.95
Ormai da due mesi esatti dalla volontaria scomparsa di Alexander Langer, è necessario ricordarlo e continuare la sua riflessione sulla sua vita e sulla sua testimonianza tentando di superare l'angoscia e il profondo senso di disorientamento.

Il dolore per la sua morte, che pure era esploso in modo dirompente ben al di là dei confini regionali e anche di quelli italiani, torna ad essere una dimensione intima e riservata, coperta dal pudore e dalla discrezione, mentre la distanza del tempo aiuta a rileggere scritti antichi e recenti, a ripercorrere itinerari politici e culturali, a rivivere esperienze e confronti critici.

Sulla Stampa di venerdì 1. settembre, prendendo spunto dalla sfida di Greenpeace ai preannunciati test nucleari francesi, Guido Ceronetti contrappone la "ragione incendiaria" del potere incontrollato alla "ragione perdente": "quella che Leopardi diceva fatta per illuminare il mondo". Ed ecco quel che Ceronetti aggiunge, per esemplificare la sua dicotomia: "La fila dei perdenti è lunga, e quello delle perdite, uno schedario infinito. In una mistica lontananza, ecco il profilo di Ettore Majorana. Vicini, vicinissimi a noi, ecco Chico Mendes, l'eroe amazzonico, e Alex Langer, il Verde suicida di Pian dei Giullari.

Un amico mi ha ricordato che avevo, tempo fa, detto a Langer di invidiarlo perchè aveva la forza di non arrendersi. Invece si è arreso: la voce di Arrimane gli ha suggerito che era meglio per lui appendersi a quel ramo, invece di continuare la sua navetta tra Bosnia e Strasburgo.".

Ceronetti, che pur solidarizza interamente con la "ragione perdente" e con i suoi protagonisti, ne trae comunque un monito e un'amara conclusione: "C'è una bellezza nell'essere vinti, ma non bisogna essere troppo masochisti. La macchina che ci schiaccia è di una brutalità senza limiti".

Se questa acuta e inattesa riflessione, fondata anche su una diretta conoscenza personale tra Langer e Ceronetti, sembra propendere per una interpretazione "politica" della morte di Alex, nei giorni scorsi un'ipotesi radicalmente diversa è stata prospettata dal più autorevole settimanale tedesco, "Der Spiegel", preceduto anche da un ampio servizio televisivo in Germania.

A due mesi dal suo suicidio, lo "Spiegel", che in precedenza non aveva dedicato all'avvenimento neppure una riga, ha pubblicato un ampio servizio (quasi quattro pagine) sull'itinerario umano e politico di Alex Langer, azzardando una interpretazione esistenzial-religiosa della sua scelta estrema. L'autore del servizio, Michael Schmidt-Klingenberg, parla di una sorta di "Pluralismus" al tempo stesso verde e cattolico, di una sorta di "celibato politico", che sarebbe entrato in contraddizione con la realtà, fino al punto di paragonare paradossalmente il suo suicidio con quello di Giuda nell'orto degli ulivi. Sia pure non in una forma così estrema, lo stesso Reinhold Messner aveva accennato all'influenza della sua formazione religiosa nella decisione finale.

In realtà, è assai rischioso addentrarsi su questo terreno, che cerca di penetrare nella più gelosa intimità di una persona, tanto più dalle pagine di un pur impegnato rotocalco. A mio parere, la morte di Alex resterà pur sempre un mistero insoluto e insondabile, al di là di ciò che egli stesso ha scritto nei tre messaggi finali, compresa l'apparente contraddizione tra una scelta di disperazione e l'estremo invito e monito a "continuare in ciò che era giusto".

Sul piano umano, la riflessione più immediata e più sincera l'aveva tratta fin da subito l'editoriale di "Famiglia Cristiana", anche in questo caso basandosi su una conoscenza diretta: "La sua morte serva almeno a ricordarsi che la tribù è stanca, che siamo tutti deboli e abbiamo bisogno di aiuto; ma dobbiamo cominciare a dircelo, fermando i vortici del chiasso, della fretta, dei telefonini, che girano per l'aria".

Sul piano culturale, non c'è che da ripercorrere pazientemente e umilmente la grande massa di scritti e di testimonianze che Alex ha lasciato lungo tutte le fasi della sua vita. E ci si accorgerà che l'elaborazione progressiva, in tutti i suoi aspetti, di una autentica "cultura della convivenza" è stato il suo prodotto intellettuale più straordinario, anche perché fatto interamente coincidere con la sua esperienza di vita e con il suo impegno civile su scala internazionale.

Sul piano politico, infine, dalla vita e dalla morte di Alex Langer - insieme a tutti gli insegnamenti dalle sue specifiche battaglie, che hanno lasciato e lasceranno un segno profondo e ormai incancellabile - emerge anche un monito critico. La politica non può fare a meno di una spinta utopica, ma non può identificarsi con questa. La politica, per chi crede davvero, può avere anche una forte istanza profetica, ma non può illudersi di realizzarla pienamente. La politica infine, può trarre alimento anche da una forte ispirazione religiosa, ma non deve mai abbandonare la sua dimensione di laicità. Tra profezia e laicità c'è sempre il rischio, da una parte, del velleitarismo idealistico e, dall'altra, del cinico pragmatismo. L'unica, difficile alternativa è di avere ben chiari e saldi i valori umani fondamentali in cui credere e, al tempo stesso, affrontare laicamente le asprezze della vita e le contraddizioni della storia. Il ricordo di Alex, e del sacrificio da lui pagato, ci aiuterà a farlo.
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