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Sandro Canestrini: i meriti di un "pontiere"

14.7.1995, da "Questotrentino", n. 14, 14.7.95
Ci si stava avviando verso il trentesimo anniversario della iniziativa di Alex Langer, la pubblicazione del periodico "Die Brücke" - Il Ponte - quando egli è venuto a mancare, ma l'iniziativa, davvero rivoluzionaria per i tempi in cui era stata ideata, intanto ha dato i suoi frutti, ha camminato con le sue gambe, ha imposto nuovi costumi e nuovi linguaggi in regione ed in particolare in provincia di Bolzano.

Alex, "il pontiere", aveva realizzato in concreto il sogno di un gruppo di giovani, che non voleva infrangersi di fronte alle "gabbie etniche", senza cadere nella provocazione becera del nuovo e del vecchio fascismo. Partire da un dato di fatto, e cioè la ricchezza culturale di un territorio nel quale vivevano e lavoravano concittadini di diversa ricchezza culturale, di diversa estrazione - di lingua e costumi tedeschi, italiani o ladini - per giungere alla constatazione che non solo ciò non doveva legittimare la dannazione di ricorrenti conflitti, ma viceversa la necessità di una collaborazione.

In questo quadro, nel quale diversità vuol dire ricchezza, di tutto si poteva e si può discutere, tutto può essere sempre rimesso in gioco: istituti come la proporzionale o il patentino che suscitano ostilità vivace da una parte, o realtà di avviamento al lavoro privilegiate per ragioni di immigrazione vecchia o nuova, che vengono aspramente messe in discussione dall'altra. Tutto è possibile discutere, ridiscutere, nel quadro di una più ampia autonomia o nella chiusura radicale agli estremismi cosiddetti etnici, ed alle rivendicazioni mitoliane.

La feconda intuizione di Alex allora, è ugualmente e sempre più valida per l'oggi, per le questioni che oggi sono sul tappeto: ad esempio discutere di Euregio senza tener conto del suo pensiero, significa pestare l'acqua nel mortaio o ancora una volta scatenare odi da riflesso più o meno condizionati.

La virtù di queso nostro amico e compagno si possono così misurare sempre meglio con la distanza, anche perché in tutti questi anni, uscendo così maturo e maturato dalla realtà sudtirolese, egli aveva potuto sperimentare la validità di quest'arte maieutica anche sui grandi terreni internazionali. Sempre misurando se stesso con le problematiche delle minoranze, anzi - come dice Messner - anche delle minoranze nelle minoranze, problema estremamente difficile anche solo da impostare, per il modo come sono segnati i confini europei, Alex aveva preso il volo verso Strasburgo, portando colà esperienze e speranze. Eccolo quindi interessarsi di molte di queste frontiere europee, senza pace o addirittura sconvolte dalla guerra, come nel caso bosniaco. Egli era un ambasciatore viaggiante della ragionevolezza e della pace, della collaborazione e della tolleranza attraverso migliaia di chilometri. Egli ha visitato tutto, ha parlato con tutti, con questa sua esperienza sudtirolese nel cuore, non deluso neppure dalle prepotenze e dagli schiaffi. Anzi (e penso al suo generoso tentativo di autocandidatura a sindaco di Bolzano) irriso e offeso perfino da persone che avrebbero potuto essere sue amiche (perché, in omaggio alla verità, non si dovrebbero ricordare le frasi atroci di Arnold Tribus e Rudy Benedikter contro di lui?).

Era facile offendere Alex, così "profeta disarmato", era facile ironizzare su di lui, sulla sua fede ancora intatta nelle possibilità di uno sviluppo democratico della società, egli che aveva appunto come metro, se non di tutte le cose, di molte di esse, quella realtà sudtirolese che gli aveva dato grandi gioie e grandi frustrazioni.

Egli, l'uomo migliore in regione, si era visto non solo osteggiato, ma sbeffeggiato da vecchi e nuovi potenti, privato di possibilità elettorali, persino un tempo privato del posto di lavoro.

Tutto perché, in linea di principio egli aveva alzato la bandiera contro le gabbie etniche, contro la marchiatura "razziale" (qualcuno parla proprio usando questa orrenda parola) in nome della comune umanità. Tutto poi era possibile discutere nell'attuazione pratica, anche garantire ai sudtirolesi, ai cittadini italiani di lingua tedesca particolari meccanismi di difesa e di protezione: ma pretendendo anzitutto che tutti facessero professione di fede comune nel metodo democratico, fedele al principio per il quale con il dialogo e la ragione ogni mina può essere disinnescata.
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