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Roberto Spagnoli: Alexander Langer, uomo di frontiera senza frontiere

3.7.2012, passaggio a sud-est

 

Alex Langer e Gandhi

 

Diciassette anni fa Alexander Langer decideva di porre fine alla sua esistenza terrena. Era nato a Sterzing/Vipiteno 49 anni prima. Giornalista, traduttore, insegnante, esponente politico, credo si possa dire che prima e al di là di tutto questo, Langer sia stato una persona ed un cittadino. E come tale fin da giovanissimo ha sentito profondamente il dovere civico di partecipare e impegnarsi. Anche “sporcandosi le mani”, al di qua e al di là delle frontiere politiche, culturali, ideologiche e materiali, anzi andando oltre i confini che troppo spesso, prima ancora che sulle carte geografiche stanno nella testa delle persone.

 

Resta emblematico, secondo me, il suo rifiuto – per lui che si era sempre dichiarato di madre lingua tedesca - di aderire al censimento nominativo del 1981 e del 1991 che rafforzava la politica di divisione etnica. Non comune e coerente con questa sua visione è stata la volontà di dialogo e di confronto anche con aree diverse dalle sue e la disponibilità alle idee originali e non conformiste che emergevano in gruppi e movimenti non compresi nell'abituale panorama politico.

 

Dopo la caduta del muro di Berlino Langer si impegnò ancora di più per contrastare i contrapposti nazionalismi che emergevano nell'Europa ex “oltre cortina” e soprattutto in Jugoslavia, sostenendo e schierandosi al fianco chi si batteva per la conciliazione interetnica. Anche in questo caso non ebbe paura di andare controcorrente, assumendo anche posizioni scomode rispetto ad un certo pacifismo che pretendeva di mantenersi equidistante tra aggrediti ed aggressori e rifiutava aprioristicamente ogni ipotesi di intervento, anche militare, per fermare il bagno di sangue in corso nei Balcani.

 

Il 26 giugno del 1995, con altri parlamentari, esponenti politici, militanti e profughi dell'ex Jugoslavia, si recò a Cannes, in occasione del Consiglio europeo, per portare ai capi di stato e di governo l'appello "L'Europa muore o rinasce a Sarajevo", che resta tutt'oggi un testo di grande valore morale e politico. Un manifesto che mostra ancora la sua attualità in questi mesi di crisi non solo economica e istituzionale dell'Unione Europea, ma finanche dello stesso progetto politico di unione concepito sulle macerie della seconda guerra mondiale.

 

Pochi giorni dopo, il 3 luglio, Alex Langer decideva di interrompere la sua vita. Nemmeno due settimane più tardi il mondo avrebbe conosciuto l'orrore di Srebrenica, che sembrava rappresentare, nella maniera più tragica e sanguinaria, il fallimento di ogni idea di tolleranza e di convivenza pacifica e che denunciava nel peggior modo possibile l'assenza politica dell'Europa e l'ignavia dei suoi vertici politici nazionali.

 

 

Alex Langer è stato davvero, come ha scritto qualcuno, “un uomo di frontiera senza frontiere”, che ha saputo fare delle sue radici etniche e culturali non un elemento di chiusura e di separazione, ma lo stimolo di una nuova idea di appartenenza, un mattone da mettere in comune per costruire un nuovo concetto di cittadinanza, facendo delle differenze e delle specificità un elemento di unione e non di separazione, al di là delle frontiere fisiche e dei confini mentali.

 

passaggio a sud-Est

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