Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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Commemorazione alla Camera dei Deputati

6.7.1995, archivio Langer, verbale di seduta
Gianni Francesco Mattioli, Giovanni Bianchi. Lorenzo Strik Lievers, Ottaviano Del Turco, Renzo Gubert, Siegfried Brugger, Tiziana Valpiana, Ugo Boghetta

(...)
Gianni Francesco MATTIOLI
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE (Irene Pivetti)
Ne ha facoltà

Gianni Francesco MATTIOLI
Signor Presidente, intervengo per chiederle, a fronte dei nostri lavori, in una fase impegnativa e difficile della Repubblica, di dedicare qualche istante per ricordare Alex Langer.

Non si tratta, signor Presidente, di una commemorazione irrituale, non prevista dalle nostre regole per membri di altre istituzioni parlamentari, bensì di un intervento sull'ordine dei lavori, poiché mi sembra che alcuni elementi della vicenda umana e politica di Langer si intreccino strettamente con i problemi che noi, deputati di questa Camera della XII legislatura, abbiamo di fronte.

(...)

Ricordiamo qui un uomo politico che ha dedicato la sua attività a costruire ponti tra le diverse appartenenze, a battersi contro le barriere, contro le divisioni e gli odi razziali, rifiutando l'appartenenza ad un'etnia, ad una razza, a un partito, a una religione come segno di divisione. Il suo impegno per la convivenza etnica in sud Tirolo sarà ricordato.

Ha scritto ieri un nostro collega deputato: se la difficile situazione sudtolese non è degenerata in una vicenda di stile bosniaco, il merito è anche suo.

Pensava, Langer, che fosse giunta per i popoli del mondo un'età adulta in cui alla straordinaria efficacia delle tecnologie, che ci fanno abitanti del mondo, corrispondesse anche un nostro sentirsi cittadini del mondo, per i quali, dunque, i confini regionali e nazionali segnassero differenze di culture e di tradizioni da conservare e custodire e non più contrapposizioni di interessi, di eserciti sui confini. Pensava che il tempo di un'autorità mondiale fosse maturo e che i cittadini del mondo, che vogliono la pace, sapessero spostarsi e mettere i loro corpi là dove la divisione di confini diviene spargimento di sangue. Questo punto di vista lo ha spinto in tutto questo tempo a percorrere le strade della Bosnia per portare poi l'eco delle sofferenze nel Parlamento europeo, affinché si muovesse dalla sua inerzia, e ad impegnarsi per scongiurare, in presenza della ripresa dei tests nucleari francesi, la riapertura di una folle corsa.

Dunque la pace, la non violenza, non come amorevole sermone, ma come volontà decisa di capire le ragioni degli altri, al di là appunto delle apparenze, anche a costo di scandalizzare chi vive nella nicchia delle sue tranquille certezze.

Così fu quando - è quasi un decennio - Langer portò provocatoriamente i verdi, cresciuti nelle "tavolette bibliche" della sinistra, ad affrontare la questione dell'aborto - facendo salva la scelta della donna - come enorme offesa alla vita; o quando, pochi mesi fa, infaticabile costruttore di solidarietà trasversale, si trascinò dietro il Parlamento europeo nel rifiuto della brevettabilità di manipolazioni genetiche, di organismi biologici, di operazioni condotte all'insegna del lucro.

Vi chiederete, onorevoli colleghi, perché io richiami ad esempio di vita e di azioni costruttive un uomo scomparso dolorosamente con un atto di disperazione. Era così forte il messaggio continuo, l'esempio di tenacia, di forza, di pazienza, di speranza, che molti di noi hanno dubitato della verità degli annunci. Ma forse anche questa fine può essere per tutti motivo di riflessione.

È ben dura una famiglia umana, la nostra, in cui il lavoro, la vita di un uomo buono, che vuole costruire e pacificare, possa trascorrere in una solitudine profonda, senza che neppure dai più vicini interlocutori questa solitudine venga avvertita. Come è possibile che i più vicini, noi, che abbiamo condiviso grandi ideali, fossimo umanamente così poveri, aridi ed ostili da lasciar crescere questa solitudine fino a farla diventare insopportabile? Ma più in generale, onorevoli colleghi, la politica può essere divenuta così tanto rappresentazione di interessi, di potere, di narcisismi e così poco pratica di vita e di buona umanità da lasciar soli coloro che ai grandi ideali accompagnano anche la coerenza di vita?

Si conclude qui, signor Presidente e onorevoli colleghi, questo ricordo, che non voleva essere una biografia ammantata di retorica. Langer è stato uno dei fondatori dei verdi ed era amico di molti deputati presenti in quest'aula, che pure appartengono a gruppi diversi. Ma più che l'orgoglio di questa appartenenza e di questa amicizia ci colpisce, oggi, il dolore di avere approfittato troppo poco di una occasione davvero straordinaria che ci era stata regalata per imitare, nella pratica di vita, un uomo che agli ideali univa la generosità instancabile delle sue forze.

Dunque, signor Presidente, dolore per noi, per tutti, e semmai la speranza che l'esempio di un giusto sia così forte da produrre comunque buoni frutti. Al dolore di Valeria vorremmo unire il nostro, per tentare di rendere il suo meno grande (vivi generali applausi - I deputati si levano in piedi e con essi i membri del Governo).

Renzo GUBERT
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Renzo GUBERT
Signor Presidente, con riferimento alla tragica morte di Langer vorrei esprimere un sentimento che nasce dall'anima.

Ho conosciuto Langer non solo come politico ma anche come studioso di problemi della convivenza etnica in occasione di alcuni seminari tenuti presso la facoltà di sociologia dell'Università di Trento. Esistono uomini che si preoccupano di trovare un assestamento del vivere civile che tenga conto, con il massimo realismo, delle condizioni date; ne esistono altri che operano per superare i vincoli posti da tali condizioni. Langer era fra questi ultimi, non tanto perché non comprendesse le ragioni dei primi (le comprendeva bene) o perché fosse mosso da visioni ideologiche del divenire storico, ma perché amava profondamente l'uomo e lo voleva riscattato da costrizioni, in armonia con la natura. In nome di questi valori umanistici, Langer seppe proporre con coraggio dei dubbi alla cultura progressista moderna sugli orientamenti di questa verso la tutela della vita anche nel grembo materno.

L'amore per l'uomo e per la natura era per Langer un principio cui rimanere coerenti, pur nella consapevolezza delle difficoltà; proprio per questo consentì un più facile rapporto di molti cattolici con il pensiero ambientalista. "Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi": prima di morire Langer scrisse di non avere la forza per raccogliere queste parole. Prego colui che le pronunciò di farsi a lui incontro, vincendo l'impotenza della disperazione di un uomo che ha lottato per l'uomo (Applausi)

Ottaviano DEL TURCO
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Ottaviano DEL TURCO
Mi associo, signor Presidente, alle parole, alla commozione e al dolore espressi dal collega Mattioli. Approfitto di questa occasione per sottolineare che la Camera, con il suo applauso unanime, ha dato prova di civiltà che spero possa continuare anche nel corso dei lavori di questa giornata.

Ugo BOGHETTA
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Ugo BOGHETTA
Signor Presidente, desidero intervenire su un altro argomento, pur associandomi alle parole dei colleghi che mi hanno preceduto.

(...)

Lorenzo STRIK LIEVERS
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Lorenzo STRIK LIEVERS
Desidero anch'io, nell'ambito degli interventi sull'ordine dei lavori, associarmi alle parole del collega Mattioli e degli altri a proposito del nostro amico, compagno e maestro Alex Langer. Ha fatto bene il collega Mattioli a parlare sull'ordine dei lavori, perché il messaggio che ci giunge da Alex Langer riguarda l'etica della e nella politica, il senso del fare politica. È un messaggio di cui tutti noi, in ogni momento del nostro fare politica, dobbiamo sapere fare tesoro. È certo difficile, quasi impossibile di fronte a un evento come questa morte, superare quella barriera di mistero che essa porta con sé, ma abbiamo letto il messaggio di Langer, la sua disperata dichiarazione di non farcela più di fronte a quello che accade nel mondo e all'impotenza - che sentiva sua - di ciascuno di noi. Voglio ricordare il suo ultimo atto politico, la partecipazione ad una manifestazione a Cannes per chiedere che l'Unione europea si facesse carico a fondo della tragedia della Bosnia. È pubblicato oggi su un giornale un suo messaggio in cui afferma che da quello che accade in Bosnia occorre trovare la forza - e non la troviamo, come il suo gesto ci fa comprendere - per ristabilire il primato del diritto di ogni persona, al di là e oltre le razze e le religioni. La sua battaglia per la Bosnia significava tutto questo, era il simbolo della battaglia della sua vita, una battaglia di civiltà per tutti e ciascuno di noi.

Dobbiamo ricordarlo con un senso di profondo rimorso. La sua morte, il suo messaggio di amico, anche personale, mi lascia un senso di tremendo rimorso per quello che non so fare e non so essere. Credo che per tutti e ciascuno di noi, per questa Camera, dabba rappresentare un'indicazione su quello che dovremmo cercare di diventare. (Applausi)

Siegfried BRUGGER
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Siegfried BRUGGER
Signor Presidente, colleghe e colleghi, desidero aggiungere la mia voce e, in questo caso, anche la voce dell'Union valdôtaine, alla commemorazione del collega Alexander Langer. Lo faccio, ovviamente, anche come rappresentante di una minoranza etnica, quale era anche Alexander Langer.

Lo ricordo come personaggio importante del sud Tirolo, lo ricordo volentieri come un politico di grande intelligenza e di una integrità morale senz'altro eccezionale. Al di là di questo, naturalmente, non voglio nascondere neppure in un'occasione come questa - perché deve trattarsi di un ricordo molto onesto e chiaro - le profonde diversità politiche tra le posizioni del mio partito e quelle di Alexander Langer. Desidero tuttavia anche ricordare le battaglie comuni che abbiamo condotto contro i nazionalismi a tutti i livelli, nonché per la tutela delle minoranze etniche in tutto il mondo, con particolare riguardo, ultimamente, alle minoranze dei paesi dell'Est e specialmente della ex Jugoslavia. Credo sia questo il ricordo che dobbiamo testimoniare, con l'onestà intellettuale di persone che non condividevano, in molte altre occasioni, le scelte politiche di un uomo che tuttavia è stato senz'altro un grande personaggio politico, di livello non solo nazionale, ma anche europeo. (Applauso)

Giovanni BIANCHI
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Giovanni BIANCHI
Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio anch'io associarmi al cordoglio per la morte di Alex Langer. Lo conoscevo, avevo partecipato con lui a diverse missioni di pace, alcune delle quali proprio in Bosnia. Ricordo quando, nel corso di qualche bivacco, riflettevamo sulla tragicità di una guerra che poteva essere paragonata solo a quella di Spagna o, andando indietro nel tempo, alla guerra gotica. Osservavamo che si trattava di una guerra volta non a sconfiggere l'avversario, ma a distruggerlo: questa è la tragicità di un conflitto che è così vicino a noi. Oltre a questo, vi è anche il tentativo di distruggere le radici dell'avversario, l'accanirsi contro la sua memoria, contro i luoghi di culto, contro le biblioteche. Neppure il turco si era comportato così, da quelle parti.

Quello che stupiva era, allora, il ritrarsi delle istituzioni, che significa il ritrarsi del diritto, dello ius publicum europaeum, della convivenza e, ovviamente, della democrazia. Credo che la radice dell'insopportabile dolore che era andato dilagando nel cuore di Alex vada ritrovata qui. È un dolore che ci inquieta, che va capito fino in fondo nella sua insopportabilità, che va rispettato. Credo competa a tutti noi non solo compiere un esame di coscienza, ma anche dimostrare quella capacità di analisi e di decisione la quale fa sì che, capita la radice dei problemi, da parte nostra e da parte delle forze politiche rappresentate in questo Parlamento si operi nella direzione di una pace che è possibile, anche in mezzo a tante tragiche difficoltà. (applausi).

Tiziana VALPIANA
Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE
Ne ha facoltà

Tiziana VALPIANA
Quando Alex, all'inizio di quest'anno, con un gesto di amicizia che riservava a molti, un di più di rara e squisita gentilezza che ci fa ancora più apprezzare il suo modo di fare politica, mi ha regalato l'abbonamento ad un mensile di impegno sociale che lui appoggiava, lo ha accompagnato con un biglietto in cui si augurava che un dono lungo un anno fosse un modo per farsi ricordare fino alla fine dell'anno.

Non mi sono chiesta allora il perché di questa frase, tanto anche quest'anno, come negli ultimi vent'anni, pur senza mai un appuntamento, Alex l'avrei incontrato spesso. Impegnati in partiti politici e in istituzioni diverse, era di conforto, di tanto in tanto, confrontare le identità di cultura e di vedute, capire che il progetto e la visione finali erano comuni. L'ho incontrato infatti in tante e disparate occasioni, quest'anno: ad un convegno contro gli euromissili, alla testa di carovane di aiuto nella ex Jugoslavia, al forum interetnico di Verona e, l'ultima volta, proprio qui a Montecitorio, dove, partecipando come parlamentare europeo ad una cerimonia ufficiale, non ha mancato di fare una capatina, anche se era venuto al corrente dell'iniziativa solo pochi istanti prima, intervenendo - come sempre - con competenza e cognizione di causa, ad una conferenza stampa sul problema della nazione apache.

Non mi sono chiesta il motivo di quel biglietto perché sapevo e sapevamo tutti che avremmo incontrato Alex ovunque ci fossero state (o lui stesso avesse organizzato) attività volte a riunire le persone in un mondo sempre più diviso, a scambiare e a diffondere culture, come ha fatto in tutti gli anni della sua vita, lui per primo a tradurre e a far conoscere don Milani nei paesi di lingua tedesca, lui tra i primi a dar voce in Italia all'ambientalismo e all'ecopacifismo, lui a introdurre in Italia il commercio equo e solidale con i paesi del sud del mondo, lui a far conoscere il problema della deforestazione in Amazzonia, ad organizzarvi spedizioni conoscitive e di appoggio, a sostenere il ricordo della lotta di Chico Mendes. Poi, l'ingresso nelle istituzioni: il consiglio regionale, il Parlamento europeo; dopo, con fatica e contro voglia, una nuova candidatura ed una nuova, faticosa elezione, sempre assolutamente estraneo ai privilegi.

È ancora lui a lavorare all'unificazione e alla conciliazione tra le due Germanie, a sostenere la lotta dei primi obiettori di coscienza dei paesi dell'est, lui con i beati costruttori di pace, lui entusiasta organizzatore della banca etica, lui a far conoscere in Europa il pensiero dell'ecologia profonda di Ivan Illich; è sua la prima intervista a Gheddafi, sua la mediazione per lo scambio di prigionieri a Bagdad; poi a Cipro, il Kossovo, gli zingari, i palestinesi, in un eclettismo che mai nulla aveva di improvvisato, ma che era il frutto di un'intelligenza straordinaria e di una disponibilità senza limiti, che non si è mai arrestata davanti a nulla, davanti a nessuna delle cause civili e morali per cui si è battuto nel nostro paese e nel mondo negli ultimi trent'anni, con la stessa serietà e competenza, con lo stesso rigore che lo ha visto, fin da ragazzino, italiano di madrelingua tedesca, di padre ebreo (e Alex ha scelto l'anniversario della sua morte per morire), di madre cattolica, battersi contro ogni divisione etnica, in un lavoro quotidiano che ha sicuramente inciso su come si vive e ci si rispetta oggi in Alto Adige.

Questo mi sembra il luogo giusto per riflettere anche su una legge così odiosa ed anacronistica come quella che ha impedito, poco più di due mesi fa ad Alex, cittadino del mondo, di diventare, con quello che sarebbe stato senza ombra di dubbio un plebiscito, sindaco di Bolzano, per non aver voluto dichiarare la propria appartenenza etnica. Alex non l'avrebbe mai fatto: non si sentiva né italiano né tedesco, né serbo né bosniaco; anzi, ora forse, dopo una vita spesa a spezzare divisioni e a superare barriere, ha voluto superare anche l'ultima, la più terribile. Alex ha forse scelto di non essere più, per non essere mai più di parte.

Non me lo sono chiesta allora e non voglio chiedermi oggi cosa volesse dire quel biglietto; rimane solo nel fondo l'angoscia di aver contribuito, con le nostre richieste di collaborazione e di intervento, a rendere proprio insostenibili quei pesi che l'hanno reso - come dice nell'ultimo biglietto lasciato agli amici - così stanco ed oberato, più disperato che mai.

In tutti questi anni abbiamo pensato solo che ad ogni richiesta sarebbe giunta sicuramente una sua risposta positiva e che poi negli anni e puntigliosamente Alex ci avrebbe tenuto al corrente (una lettera, un ritaglio di giornale, un messaggio attraverso un amico o uno sconosciuto) sull'argomento che ci stava a cuore, senza mai dimenticare un sorriso, un'attenzione, gli auguri per il compleanno.

Alex era lì, disponibile, con mille numeri di telefono, senza mai chiedersi dove trovasse la forza, senza mai un momento di cedimento da parte di chi era diventato, per un intero movimento, un punto di riferimento. Forse Alex ora non crede più nella possibilità di un cambiamento di rotta per l'umanità, forse è solo immensamente stanco di rincorrere una meta che sembra più irraggiungibile nonostante il lavoro, l'impegno e la dedizione. Oggi ci chiede di non essere tristi, anche se ora siamo disperati, e di continuare in ciò che era, ed è, giusto: a dire e a praticare che non esistono uguali e diversi, non esistono nemici né razze, esiste invece l'ignoranza, l'incomprensione...

PRESIDENTE
Concluda, per cortesia.

Tiziana VALPIANA
Esiste la difficoltà a costruire ponti tra persone, tra movimenti, tra popoli.

Davanti ad eventi come questo, davanti alla morte come davanti alla nascita, forse l'unica scelta è fare silenzio, ma il rispetto e l'ammirazione per Alex impongono a chi l'ha avuto amico, ai verdi, ai comunisti, ai democratici, a chi non l'ha conosciuto, ma che lo avrebbe amato e lo ha perso comunque, di continuare a percorrere come possiamo, come ci ha insegnato, la sua strada di pace, altrimenti questo ricordo rischia di diventare una profanazione. (Applausi).

(...)
pro dialog