Alexander Langer Alexander Langer Racconti e ricordi

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Paolo Valente: noi andiamo avanti

8.7.1995, da "Il Segno"
Caro Alex, non sei arrivato fino sulla cima della montagna (o forse sì e sei lì, aggrappato alla croce di legno, e ci aspetti). La salita sfianca chiunque ed ognuno è esposto al rischio dello sfinimento fisico. Forse ti sei staccato dal gruppo dei compagni di cordata.

O forse, più probabilmente, ti è mancato un appiglio, ha ceduto la roccia, ti ha travolto la slavina. La tua vita è stata un continuo camminare, andare avanti, come chi, una volta posta mano all'aratro, non si tira indietro. Colui che pone fine ai nostri giorni sa il perché. Noi no e ci terremo sempre questo punto di domanda. Ma se in tutto ciò c'è un fallimento, quello non è nelle tue idee, nei tuoi sogni. Tu stesso ci inviti "a continuare in ciò che è giusto". E noi andiamo avanti. Forse tu sei stato schiacciato dal peso insopportabile, per la tua sensibilità umana, dell'ipocrisia di questo mondo. Dell'egoismo che regna quasi indisturbato. Ma tu stesso sapevi che chi vuole la pace, parte già perdente. La Bosnia te l'ha insegnato ancor più dell'Alto Adige: le ragioni dell'odio, della diffidenza, del rancore pesano più di quelle della pace. Ma tu hai cercato costantemente di andare oltre a questa logica infernale, cercando sempre ciò che ci può essere di altro. Un altro modo di fare politica, non legato a miseri interessi di parte, ma al bene di tutti. Un altro modo di fare giornalismo, diverso da quello squallido sensazionalismo che, prima ancora di piangere la tua morte, ne ha fatto un "giallo" (il "giallo del quarto biglietto"). Un altro Alto Adige o Sudtirolo, in cui l'uomo venga prima della lingua, il singolo, con la sua storia e la sua ricchezza, prima delle appartenenze. Qualcosa che non conosciamo ti ha fermato strada facendo. Ai piedi di quel dannato albicocco hai lasciato le tue scarpe. Ora ce le infiliamo noi e andiamo avanti. Arrivederci sulla cima.
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