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Quale Europa? Il Vento dell'Est non scuote la Cee

10.3.1993, Corriere della Sera, pag. 41

La Comunità  Europea è in crisi per l'Incapacita´di risolvere conflitti gravi che la riguardano da vicino, eppure il fascino della Cee in molte ragioni del mondo e' grande.

Taluni segni di incertezza e di impazienza per la sorte della Comunita' europea si moltiplicano. Kohl ricorda a danesi e britannici che si potrebbe anche andare avanti in dieci, se loro non si decideranno in tempo utile. Il referendum francese ha lasciato un segno di disaffezione molto visibile. L' incapacita' della Comunita' di risolvere conflitti gravi che la riguardano da vicino (Jugoslavia, Medio oriente, Cipro...) e' sotto gli occhi di tutti. Per non parlare delle tempeste monetarie, dell' assenza di politica estera e di sicurezza comune, dello spinoso problema dell' immigrazione e del diritto d' asilo. Lo slancio del processo di integrazione sembra in crisi, all' interno della Comunita' . La disintegrazione dell' Europa orientale non ha rafforzato la coesione di quella occidentale. Anzi, i differenti interessi rispetto all' Est sembrano suggerire divaricazioni anche ai partners comunitari. Le tappe della costruzione comunitaria restano essenzialmente nelle mani dei governi, assai poco dei popoli e dei Parlamenti, quello europeo compreso. Eppure il fascino della Comunita' europea in molte regioni del mondo e' grande: si tratta pur sempre dell' unico processo di integrazione regionale su grande scala che avviene senza guerra e senza (troppa) egemonia. La fila degli aspiranti soci e' lunga e impaziente: Austria, Svezia, Finlandia, Cipro e Malta sono dietro la porta, gli Stati dell' Est si devono accontentare di una meno comoda sala d' attesa, la Turchia aspetta da anni. Si notano distintamente i diversi "cerchi" descritti da Jacques Delors: quello interno, comunitario; quello limitrofo della "Zona di libero scaqmbio" (Efta), che ormai tende a fondersi economicamente con la Cee nello "spazio economico europeo"; e infine quello esterno che riguarda l' Europa ex comunista e ulteriori candidati mediterranei. Ma in tutto cio' non si puo' non rilevare una profonda delusione dei cittadini e dei governi dell' Europa dell' Est. Dopo essere stati per anni respinti in quanto dominati dai regimi comunisti, ora si sentono nuovamente davanti a un muro: quello del dislivello economico, e quello di una integrazione europea che avviene senza di loro, nella quale possono intervenire solo a decisioni prese e fatti compiuti. Soffrono della tiepidezza e riluttanza occidentale nei loro confronti. E mentre la Nato ha istituito il suo "Consiglio di cooperazione atlantica", nel quale gli ex avversari hanno un posto, e la Csce all' ultimo vertice di Helsinki (luglio 1992) ha aperto loro le braccia, la Comunita' europea resta ferma ad accordi essenzialmente bilaterali, negoziati caso per caso, e differenziati per fasce di affinita' . E cosi' assistiasmo al paradosso che esiste un' assemblea parlamentare che unisce i rappresentanti del parlamento europeo a quelli dei "paesi Acp" (i paesi dell' Africa, dei Caraibi e del Pacifico legati alla Cee dagli accordi di Lome' ), che si riuniscono due volte all' anno (prossimamente nel Botswana), mentre non esiste un organo rappresentativo comune tra il Parlamento europeo e i Parlamenti di tutti quei Paesi dell' Europa centro orientale che oggi rivendicano la loro appartenenza alla casa comune europea. Prima che sia troppo tardi e che la disintegrazione abbia fatto troppe vittime, bisognerebbe rilanciare un progetto di integrazione pan europea, a partire dalla Comunita' . Dare questo ruolo promotore ai Parlamenti, e pretendere un processo costituente di natura parlamentare sia per la nuova Unione europea, sia per l' unificazione di tutto il continente, risponderebbe alle migliori tradizioni democratiche. Il voto degli italiani nel dimenticato referendum consultivo del 1989 (contestuale alle elezioni europee) l' aveva indicato.

Langer Alexander

Pagina 41
(10 marzo 1993) - Corriere della Sera

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