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Natasa Kandic: Srebrenica, simbolo di verità e giustizia

5.12.2005, L'Europa nasce o muore a Sarajevo. Euromediterranea 2005
Parlerò molto semplicemente, in modo che anche i bambini presenti comprendano. Ovviamente è diverso parlare ad adulti o parlare in una sala come questa in cui ci sono tanti bambini.

Coglierò l’occasione per dire proprio a loro qualcosa di importante. Io vivo a Belgrado, quindi sono serba. Cinque anni fa in questa stessa città anch’io ho ricevuto il medesimo premio, oggi assegnato a Irfanka Pašagić. In quell’occasione mi presentò proprio Irfanka, parlando della mia persona e del mio lavoro. Se si tiene presente che Irfanka è di Srebrenica e che cinque anni fa nessuno a Belgrado neanche nominava quel crimine enorme, lei parlò di me con la sua caratteristica semplicità e con calore e con tantissimo ottimismo e apertura verso tantissime soluzioni. È una grande fortuna il fatto che esistano persone come lei e che Irfanka lavori proprio con i bambini e con le donne. Il suo lavoro non è soltanto con le vittime, è un lavoro con le donne e con i bambini nella prospettiva del futuro. Anche in questa sala, oggi, abbiamo avuto la testimonianza del calore che circonda Irfanka.
Esistono in Bosnia tanti progetti, ma certo “Tuzlanska amica” è quello che mostra una dimensione di maggiore sensibilità e umanità. In effetti, tra questi progetti, non ne ho mai visto uno in cui si incontri una tale quantità di amore, calore, amicizia e relazioni umane...
Oggi mi sento un po’ confusa qui tra tutti voi, ma in questa confusione ho potuto sentire quanto è grande, quanto è bella e importante questa forma di amicizia, questo calore, queste relazioni. Ho guardato le persone, ragazzi e ragazze, uomini e donne che spuntavano da tutte le parti e venivano a salutare Irfanka. Ho capito una volta di più quanto la sua attività sia grande e importante. E poco fa, dopo tutti questi incontri, la cosa più bella: questi bambini che la salutano gioiosi, la sua emozione, gli stessi bambini di cui lei in questi due giorni non ha smesso mai di parlare. Una cosa splendida, bellissima…
Lo ripeto ai bambini: Dovete sapere che Irfanka non ha mai smesso di parlare di voi, con tanto calore, con tanto amore, con la gioia di chi è riuscito a dare un qualcosa di più bello di quello che avevate prima. Anch’io come Vjosa penso davvero che il premio Langer sia andato quest’anno nelle mani giuste. Penso che anche Alexander Langer sarebbe molto felice sapendo che quest’anno il premio è andato ad Irfanka Pašagić, perché anche a lui piacevano le persone che hanno passioni, che credono nel futuro, che hanno energie e volontà di resistere e persistere per creare un futuro migliore.

Quanto al tema di questo incontro “L'Europa muore o rinasce a Sarajevo” vorrei aggiungere che ho avuto occasione di parlare con Alexander Langer delle questioni della tolleranza, dei diritti umani, della giustizia nonché del ruolo dei Balcani in tutto ciò. Ebbene l’Europa per come si è mostrata in relazione all’ex Jugoslavia, non è l’Europa di Alexander Langer, non è l’Europa che lui desiderava. Nella sua idea l’Europa unita avrebbe dovuto farsi carico di ciò che stava accadendo nei Balcani, di ciò che lui conosceva benissimo, avendo parlato e avendo avuto tanti amici in ex Jugoslavia. Parlava con tutti, con le persone semplici: sapeva che l’opinione della gente comune, in situazioni come quella, è molto importante. In definitiva penso che la visione di Langer sia però rimasta soltanto una visione. Se guardiamo come si è comportata l’Europa rispetto a questi territori, dal ’91 al ’99, dall’inizio fino alla guerra in Kossovo, e se osserviamo anche il seguito, nel periodo postbellico, dobbiamo concludere che l’Europa aveva un atteggiamento complessivamente sbagliato rispetto ai nostri spazi. Tutti noi, Serbia, Croazia, Bosnia, eravamo e siamo anche attualmente, paesi in transizione, ma quest’Europa, non ha ancora creato delle regole con cui affrontarla. L’unica cosa che si può capire è che l’Europa è contenta, perché le guerre nei Balcani sono finite… Ma questa stessa Europa, a cinque anni dalla fine del conflitto in Kossovo, non ha ancora trovato minimamente le regole per governare la transizione né ha saputo insegnare a tutti noi come andare avanti in questo dopoguerra né come creare uno stato di giustizia, di legalità, di rispetto dei diritti umani. Un buon esempio è questo decennale dell’eccidio di Srebrenica.
Srebrenica sarà celebrata in Europa per la gravità di ciò che è accaduto, ma si tratterà soltanto di un giorno o al massimo di una settimana. Ciò di cui noi invece abbiamo bisogno è che Srebrenica diventi un simbolo, un simbolo di verità e di giustizia. Se non riusciremo a ottenere questo, anche l’idea di tutti noi popoli dell’ex Jugoslavia - poter diventare parte dell’Europa - rimarrà solo un’idea e un’idea sbagliata.
Io credo che nei Balcani la questione più importante ora sia: come mettere in atto la legalità, la giustizia. Ed è su questo che l’Europa ci può aiutare, ad arrivare a un momento, in cui la legalità diventi effettivamente parte della nostra vita. Ma una tale legalità, ovviamente, non può esistere se la giustizia non interviene nei confronti delle persone che hanno commesso dei crimini. L’Europa non era molto interessata alla costituzione del Tribunale dell’Aia, ma non mostra neanche un particolare interesse per i tribunali nazionali che dovrebbero condannare i criminali di guerra.
La mia sensazione è che alla fine siamo stati lasciati soli. Come già sta facendo l’America, anche l’Europa arriverà a dire che ciò che è importante è che Karadžić, Mladić, Gotovina, siano all’Aia, dopo di che sarà affare nostro se vorremo continuare a vivere con i criminali in libertà, nessuno ci sosterrà né ci disturberà più… Così, affinché tra una cinquantina di anni non accada alle prossime generazioni quello che è successo alla nostra, è decisivo che ai paesi in transizione si dia anche questo tipo di aiuto. È importantissimo, tanto quanto almeno, lo erano gli aiuti umanitari durante la guerra.

Natasa Kandic, premio Alexander Langer 2000, è presidente dell'Humanitarian Law Center di Belgrado
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