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Il saluto della Fondazione alla commemorazione ufficiale a Tuzla del decennale di Srebrenica

16.7.2005, fondazione
Si è svolto a Tuzla, l’8 luglio, un incontro ufficiale di commemorazione del decennale di Srebrenica presieduto da Irfanka Pasagic. Yael Danieli, psicologa consulente dell’ONU ha tenuto una relazione sulla trasmissione dei traumi tra le generazioni. Sono intervenuti tra gli altri l’ex Sindaco Selim Beslagic e quello attuale Jasmin Imanovic. Edi Rabini ha portato questo saluto della Fondazione Alexander Langer.


Porto il saluto dei 40 giovani che sono venuti qui da diversi paesi d’Europa dopo aver partecipato a Bolzano, una piccola città della stessa dimensione di Tuzla, ad una scuola estiva internazionale dal titolo “Srebrenica, le ferite del silenzio”. E porto anche il saluto della Fondazione dedicata ad Alexander Langer, un amico di Tuzla e un parlamentare europeo che ha speso le sue ultime energie per cercare di fermare l’orrore della violenza etnica in Bosnia e nei territori dell’ex-Jugoslavia.
Proprio dopo l’esplosione della bomba che aveva tolto, qui a Tuzla, la vita a così tanti giovani in festa, aveva rivolto, su invito dell’ex sindaco Selim Beslagic, un drammatico appello ai capi di stato e di governo riuniti a Cannes: intervenite con la forza per interrompere l’aggressione dei serbi, aveva scritto, perché l’Europa muore o rinasce a Sarajevo.
Alexander Langer veniva, come alcuni di noi, da una terra che si chiama in due lingue, Alto Adige-Südtirol, che aveva vissuto in poco tempo due guerre mondiali, l’alleanza funesta di fascismo e nazismo, un doloroso episodio di pulizia etnica nel 1939, il terrorismo separatista. Eppure da questo dramma è lentamente nata una capacità di convivenza, non semplice, tra i tre gruppi linguistici tedesco, italiano e ladino, e poi, in qualcuno perfino il vanto di poter vivere in una realtà multilinguistica e multiculturale.
Alexander Langer ha deciso di togliersi la vita il 3 luglio 1995, pochi giorni prima della tragedia di Srebrenica. Sappiamo e sapete bene che, per chi è sopravvissuto (perdonatemi il paragone), i perché rimangono senza risposte, sono lutti che non finiscono mai, che possono essere curati solo con l’affetto e la nascita di nuove ragioni di vita.
Pochi giorni dopo la strage di Srebrenica, un quotidiano italiano ha pubblicato un breve racconto di Ivo Andric, “Quel ponte sulla Zepa” che da allora porto sempre con me. E’ la storia del grande visir Jusuf che dopo essere caduto in disgrazia e risorto, decise di regalare al suo paese di nascita un magnifico ponte. Ma proprio mentre l’opera stava per essere conclusa, divenne sempre più triste e solitario. “Gli uomini – pensava - non immaginano nemmeno lontanamente quanti sono i potenti e i grandi che in modo così rapido, invisibile e silenzioso, muoiono interiormente.
Così rimane anche un mistero la rapidità con cui delle persone, dei normali vicini di casa, a Srebrenica come a Jedwabme in Polonia, ad Auschwitz come in Ruanda, possono improvvisamente trasformarsi in feroci carnefici.
La Fondazione Alexander Langer ha avuto l’onore di assegnare il suo premio del 2005 a Irfanka Pasagic, presidente di Tuzlanska Amica, dopo averlo consegnato nel 2000 a due sue grandi amiche, la belgradese Natasa Kandic e la kosovara Vjosa Dobruna che con lei hanno collaborato già in tempi difficili, quando il farlo rischiava di essere considerato un atto di tradimento. Assieme a Irfanka abbiamo avuto la fortuna di conoscere la grande famiglia delle sue collaboratrici e collaboratori, delle bambini e dei bambini, delle donne e degli uomini di cui si prende amorevolmente cura, sostenute da molte famiglie italiane nella forma dell’adozione a distanza. Abbiamo sottoposto Irfanka ad un faticoso giro di incontri in questo periodo: con il Sindaco di Bologna, la presidenza della Camera dei deputati, il Parlamento Europeo, rappresentanti di istituzioni a Trento, Bolzano e Merano: nella speranza – diceva sempre lei – che questo interesse per la vita e il futuro degli abitanti di Srebrenica, di Tuzla, della Bosnia intera, non si fermi a questo anniversario. E’ questa anche la nostra speranza e il nostro impegno.

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