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Relazione sulla creazione di un tribunale penale internazionale

7.4.1994, Atti PE

RELAZIONE sulla creazione di un Tribunale penale internazionale commissione per gli affari esteri e la sicurezza A3-0225/94. Relatore: on. Alexander Langer.

CONTENUTO

Pagina regolamentare

A. PROPOSTA DI RISOLUZIONE

B. MOTIVAZIONE

Allegato: Proposta di risoluzione B3-0317/93


Nella seduta del 23 aprile 1993 il Presidente del Parlamento europeo ha comunicato di aver deferito la proposta di risoluzione dell'on. Arbeloa Muru sulla creazione di un Tribunale internazionale per i crimini di guerra, presentata in conformità dell'articolo 45 (ex 63) del regolamento, alla commissione per gli affari esteri e la sicurezza per l'esame di merito.

Nella riunione dell'11 giugno 1993 la commissione per gli affari esteri e la sicurezza ha deciso di elaborare una relazione e nella riunione del 20 luglio 1993 ha nominato relatore l'on. Langer.

Nelle riunioni del 15 marzo e del 6 aprile 1994 ha esaminato il progetto di relazione.

Nell'ultima riunione indicata ha approvato l'insieme della proposta di risoluzione all'unanimità salvo 1 astensione.

Erano presenti al momento della votazione gli onn. Crampton, vicepresidente; Langer, relatore; Aglietta, Balfe, Canavarro, Dillen, Gaibisso, Holzfuss, Jepsen, Lagakos (in sostituzione dell'on. Bethell), Lenz, Llorca Vilaplana, Magnani Noya, Pesmazoglou, Trivelli e Verde i Aldea.

La relazione è stata depositata il 7 aprile 1994.

Il termine per la presentazione degli emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.

A.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE

Risoluzione sulla creazione di un Tribunale penale internazionale


Il Parlamento Europeo,

- vista la proposta di risoluzione presentata dall'on. Arbeloa Muru sulla creazione di un tribunale internazionale per i crimini di guerra (B3-0317/93),

- visto l'articolo 45 del propio regolamento,

- vista la relazione della commissione per gli affari esteri e la sicurezza (A3-0225/94),

A. ricordando le proprie risoluzioni dell'11 marzo 1993, del 27 maggio 1993, del 16 settembre 1993, del 15 dicembre 1993 e del 20 gennaio 1994, concernenti - tra l'altro - il Tribunale internazionale per l'ex Iugoslavia,

B. avendo presente le importanti elaborazioni che in materia di giurisdizione penale internazionale sono state sin qui prodotte da autorevoli consessi internazionali quali il Consiglio d'Europa (1992), la Commissione internazionale dei Giuristi (1993) e la Commissione Giuridica dell'ONU (1993),

C. considerando i risultati della Conferenza di giuristi e organismi non governativi di ogni parte dell'ex Iugoslavia sul Tribunale internazionale, organizzata dall'"Anti-war Center Beograd" insieme al "Croatian Helsinki Committee", ospitata al Parlamento Europeo nei giorni 3 e 4 marzo 1994,

D. convinto dell'urgente esigenza di rafforzare un sistema internazionale di diritto, munito anche di adeguate sanzioni,

E. ritenendo che il Tribunale internazionale dovrà essere totalmente indipendente da pressioni politiche e manifestazioni di opportunismo, in modo da acquistare rinomanza come istituzione giuridica,

F. apprezzando le straordinarie iniziative e decisioni che Segretario generale, Consiglio di sicurezza ed Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno preso a proposito della punizione dei crimini contro l'umanità commessi nell'ex Iugoslavia, ed in particolare le risoluzioni del CdS nr.808/1993 del 22.2.1993 e nr.827/1993 del 25.5.1993,

G. considerando che la decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di istituire un Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia ha un enorme valore giuridico e politico e costituisce un precedente capace di ulteriori sviluppi verso una stabile giurisdizione penale internazionale,

H. ritenendo che un Tribunale internazionale possa costituire uno strumento importante per la prevenzione dei crimini contro l'umanità e la promozione dell'ordinamento giuridico,

a) per quanto concerne il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia:

1. si compiace della costituzione e dell'insediamento del Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia, in data 17-11-1993 all'Aia, e ritiene che si tratti di un contributo estremamente importante della comunità internazionale per restituire alle vittime della guerra nell'ex Iugoslavia una qualche speranza nel diritto;

2. ritiene che il successo o l'insuccesso di tale istituzione contribuirà in misura notevole ad accrescere o a sminuire la credibilità della prospettiva di un giusto ordine internazionale ed eserciterà grande influenza sul futuro del diritto internazionale;

3. ritiene che peso ed efficacia politica del Tribunale dipendano in misura significativa anche dal grado di conoscenza delle sue attività e dal sostegno democratico che esso susciterà presso gli Stati e le società, e chiede quindi a tutti i mezzi d'informazione di dedicare attenzione alle attività del Tribunale internazionale;

4. ritiene che l'Unione europea debba impegnarsi a fondo perchè il Tribunale possa pienamente svolgere la sua funzione, e chiede che a tal fine l'Unione inserisca senza indugio il sostegno attivo al Tribunale - nelle forme qui suggerite ed in ogni altro modo opportuno - tra le "azioni comuni di politica estera e di sicurezza", ai sensi del Titolo V del Trattato sull'Unione;

5. si compiace con quegli Stati membri (come ad es. Italia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) che già hanno adottato significative misure di sostegno al Tribunale, e chiede all'Unione ed a tutti gli Stati membri di sostenere l'attività del Tribunale per l'ex Iugoslavia giuridicamente, politicamente, finanziariamente e praticamente, attraverso:

a) atti legislativi e di governo che diano effetto ai provvedimenti del Tribunale, con particolare riferimento alla citazione di imputati e testimoni, alla cattura e traduzione di coloro contro i quali verranno emessi i relativi mandati, all'assistenza giudiziaria internazionale necessaria, alle misure richieste per garantire l'espiazione della pena dei condannati;

b) l'immediata messa a disposizione dei fondi necessari per il funzionamento del Tribunale, attraverso il versamento - da parte degli Stati membri dell'Unione - della somma occorrente almeno per il primo anno di funzionamento sullo speciale conto fiduciario costituito dal Segretario generale delle Nazioni Unite e la garanzia del loro apporto allo sforzo internazionale necessario per coprire le spese anche in futuro;

c) la messa a disposizione, su richiesta del Tribunale, di personale specializzato, materiale documentale ed informatico, dati ed informazioni raccolte dalle polizie e dagli organi giudiziari nazionali, infrastrutture (anche carcerarie) e quant'altro potrà rivelarsi necessario per il buon funzionamento del Tribunale;

6. ritiene che analoghe iniziative dovrebbero essere promosse congiuntamente dagli Stati membri dell'Unione in seno alle istituzioni internazionali, ed in particolare nel Consiglio d'Europa e nella CSCE, e si compiace con quegli Stati - tra cui a titolo di esempio si citano gli USA e la Finlandia - che hanno già manifestato un tangibile sostegno;

7. chiede all'Unione ed agli Stati membri di contribuire in modo sostanziale al bilancio globale del Tribunale (che attualmente è fissato a 33 milioni di USD), e di adoperarsi presso le Nazioni Unite affinché esso venga approvato e debitamente coperto;

8. chiede all'Unione europea ed ai suoi Stati membri di agire in sede internazionale perchè la questione del risarcimento dei danni sofferti possa essere adeguatamente sottoposta al Tribunale;

9. impegna la Commissione ad elaborare un progetto di iniziativa a sostegno degli organismi civili e non governativi impegnati nei diversi territori dell'ex Iugoslavia in attività democratiche e di riconciliazione e nell'appoggio al Tribunale internazionale, aiutando tali organismi a compiere le loro attività intese a fornire informazioni, denunce e documentazioni al Tribunale stesso e chiede alla Commissione di rendere disponibili adeguati fondi, a questo scopo, ricorrendo alla linea di bilancio B7-52;

b) per quanto concerne l'istituzione di un Tribunale penale internazionale permanente:

10. ritiene che i tempi siano maturi perché l'ordinamento internazionale venga integrato da un Tribunale penale internazionale permanente, con una sua ben definita giurisdizione su crimini di particolare rilevanza sovranazionale ("crimini di diritto internazionale", tra i quali l'istigazione al genocidio e all'epurazione etnica e l'esecuzione degli stessi) che dovranno essere determinati da fonti inequivocabili del diritto internazionale;

11. raccomanda all'Unione ed a tutte le istituzioni internazionali di cogliere l'occasione dell'istituzione del Tribunale sull'ex-Jugoslavia come punto di partenza per promuoverne l'evoluzione verso un Tribunale penale internazionale permanente;

12. considera con grande attenzione i preziosi lavori preparatori che sono già stati effettuati in questa direzione per arrivare a formulare un codice internazionale e un progetto di statuto di Tribunale, attualmente all'esame dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, e chiede con urgenza ai Governi degli Stati membri di attivarsi in tal senso all'interno della Commissione giuridica (Sesta Commissione) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e perchè il progetto possa essere sottoposto all'Assemblea generale ancora nel corso dell'anno 1994;

13. chiede al Consiglio dell'Unione di agire in tutte le sedi internazionali a favore dello sviluppo di nuovi organismi giurisdizionali internazionali, sia in materia penale che ambientale, definendo a questo proposito una posizione comune ai sensi degli articoli da J.1 a J.3 del Titolo V del Trattato sull'Unione Europea che si converta in un'azione comune di politica estera e di sicurezza;

14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione ed al Consiglio, con la richiesta di informare quanto prima la Commissione competente del PE del seguito dato in particolare ai punti 4,7 e 13, nonchè di trasmetterla ai Segretari generali delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa e della CSCE, al Presidente del Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia ed ai Parlamenti e Governi delle repubbliche dell'ex Iugoslavia.

B.

MOTIVAZIONE

I. L'esigenza di rafforzamento del diritto internazionale e della sua sanzione - il valore esemplare del "Tribunale sull'ex Iugoslavia"

"La costruzione di una società internazionale retta dal diritto è un'opera lenta, modesta, caotica, aleatoria. Non soddisferà né gli amanti di eventi sensazionali, né gli avventurieri dell'immediato. Sono pertanto i pazienti progressi della norma internazionale a segnare più sicuramente le tappe dell'evoluzione della morale universale. (..) La creazione del (..) Tribunale internazionale incaricato di giudicare gli autori di violazioni del diritto umanitario commesse nell'ex Iugoslavia è sotto ogni aspetto esemplare": si esprime così il Segretario generale delle Nazioni Unite, Boutros BOUTROS-GHALI il giorno stesso dell'insediamento di tale Tribunale all'Aia, il 17 novembre 1993.

Si può aggiungere che la fine della divisione del mondo in due blocchi politico-militar-ideologici, egemonizzati da due super-potenze che fungevano anche da gendarmi mondiali, ha rafforzato la necessità del rapido perfezionamento di un sistema di diritto internazionale, capace di statuire, sanzionare, nonchè di far rispettare ed eseguire, quanto legittimamente deciso. L'affermazione del diritto senza alcuna possibilità di sanzionarne l'efficacia rischierebbe, infatti, di restare una testimonianza puramente morale - sempre importante, ma alla prova dei fatti impotente e quindi, alla lunga, pericolosa per la stessa credibilità del diritto. D'altronde, l'espletamento del giudizio e della sanzione delle violazioni gravi del diritto internazionale ad opera di un'istanza di parte, e magari semplicemente del più forte o del vincitore (come dal processo di Norimberga alla guerra del Golfo è avvenuto molte volte), non potrebbe soddisfare l'esigenza dell'instaurazione di un credibile ed efficace ordine giuridico internazionale: si rischierebbe sempre di muoversi più nel campo dell'usurpazione che dello svolgimento legittimo ed autorevole di funzioni pubbliche comuni.

E' in quest'ottica di crescente "fame e sete di giustizia" internazionale che oggi, da molte parti, si avanzano richieste e proposte perché l'ordinamento internazionale si attrezzi per fare fronte all'accresciuta quantità e qualità di ferite che vengono inferte alla convivenza tra gli uomini e con la natura: si possono menzionare crimini come il genocidio o l'apartheid o altre forme violente ed estese di "epurazione etnica", la sistematica e massiccia violazione dei diritti umani, le gravissime e spesso irrimediabili aggressioni all'ecosistema, l'uso sistematico della tortura o dello stupro, il traffico illegale di stupefacenti, i crimini di guerra previsti da numerose convenzioni internazionali, ma forse bisognerà pensare anche a nuove pericolose forme di violazioni internazionali come gli attacchi deliberati e massicci alla stabilità monetaria, alla salute pubblica internazionale, a elementari e fondamentali diritti sociali, all'integrità psico-fisica e persino biologico-genetica del genere umano e di altre specie viventi. Forse un giorno anche l'aggressione e il degrado irrimediabile del fondamentale patrimonio estetico saranno riconosciuti come crimine internazionale.

E mentre nelle più diverse sedi politiche, giuridiche e filosofiche internazionali si discute di queste esigenze e si delinea e si perfeziona un modo di pensare e maturano proposte, non si può non riconoscere l'eccezionale passo in avanti che su questa strada è stato compiuto con l'istituzione del Tribunale internazionale incaricato di perseguire le violazioni del diritto umanitario nella ex Iugoslavia. Si tratta di una risposta straordinaria, decisa - dopo molte ed importanti pressioni democratiche, non solo di governi, ma di cittadini in tutto il mondo - dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Essa è destinata a "fare giurisprudenza" e, si potrebbe dire, a "fare storia", nel bene e nel male, anche al di là del drammatico contesto dal quale, e per giudicare il quale, è stata deliberata. Vorrà dire che d'ora in poi l'istituzione del Tribunale dovrà essere considerata tra i prolegomeni di ogni tribunale internazionale che si vorrà creare in materia di crimini di guerra e, forse, di ogni tribunale penale internazionale "tout court".

E' innegabile, infatti, che l'enorme ed ancor crescente complessità ed interdipendenza del mondo moderno non meno che una sempre più diffusa consapevolezza morale postulano al tempo stesso di bandire l'uso della forza anche nei rapporti internazionali per farsi giustizia e di superare la ristretta dimensione della sovranità nazionale che sin qui è stata sede e limite principale dell'attuazione del diritto: nient'affatto imparziale e quindi "giusta", come norma e sanzione giuridica devono essere. Le violazioni del diritto ormai sempre più spesso hanno effetti e conseguenze transnazionali, lo stesso diritto e la sua attuazione devono quindi tendere ad una portata ed autorità sovranazionale ed è ormai un obiettivo universale, almeno teoricamente riconosciuto, quello di statuire e far rispettare il monopolio internazionale nell'uso legittimo della forza da parte di un'autorità comune.

L'istituzione del Tribunale internazionale sull'ex Iugoslavia significa che ormai di tutto questo non solo si discute, ma si comincia a verificare nell'attuazione pratica.

II. La richiesta di un Tribunale penale internazionale e/o di un Tribunale internazionale per i crimini di guerra

Lo sdegno internazionale - soprattutto dopo la denuncia dell'uso sistematico dello stupro come arma di guerra -, una convergente volontà politica (che conteneva anche l'imbarazzo per l'evidente impotenza internazionale rispetto alla guerra iugoslava) e una procedura straordinaria hanno portato in poco tempo all'istituzione di un Tribunale internazionale "ad-hoc" per giudicare delle violazioni del diritto umanitario nell'ex Iugoslavia. Nessuna molla paragonabile ha funzionato rispetto alla più generale esigenza di sanzionare efficacemente il rispetto del diritto penale internazionale: eppure, da 40 anni questa richiesta viene avanzata in molte sedi scientifiche e politiche.

In tempi recentissimi, autorevoli consessi internazionali hanno avanzato proposte, che hanno rilanciato con competenza e saggezza tale obiettivo:

a) Consiglio d'Europa: un Tribunale internazionale per giudicare crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l'umanità

L'AP del Consiglio d'Europa, approvando nel marzo del 1992 la relazione della sig.ra HALLER, raccomanda di appoggiare l'istituzione di una giurisdizione penale internazionale, da definire attraverso una conferenza diplomatica internazionale sotto gli auspici dell'ONU, piuttosto che emendare a questo scopo la Carta delle Nazioni Unite, o passare attraverso l'Assemblea generale, o aggiungere una nuova Sezione penale alla Corte internazionale dell'Aia. Non si ritiene necessaria l'elaborazione di un codice internazionale prima di creare un tal tribunale, poiché si reputa che i crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l'umanità siano sufficientemente definiti nelle convenzioni internazionali vigenti, ed in particolare in quelle che sono alla base stessa delle Nazioni Unite, e che essi formino un insieme indivisibile sufficientemente riconosciuto dalla comunità internazionale. Si auspica un tribunale con una sua competenza esclusiva ed obbligatoria, e per agire davanti ad esso si suggerisce di ispirarsi al modello della Convenzione europea dei diritti dell'uomo: come si vede, si tratta di una proposta che darebbe facoltà di agire non solo agli Stati, ma anche ad organizzazioni internazionali, organismi non governativi e singoli. Cinque sono le caratteristiche fondamentali del Tribunale, che dovrà essere stabile, permanente, indipendente, effettivo ed universale.


b) Commissione internazionale dei Giuristi: una Corte penale internazionale permanente

Le prime discussioni concrete sull'istituzione di un tribunale penale internazionale risalgono all'immediato dopoguerra del 1918: se ne discusse a varie riprese - senza arrivare ad un concreto risultato - con riferimento, tra l'altro, ai responsabili turchi del tremendo genocidio degli armeni. Dopo la seconda guerra si ebbero i Tribunali di Norimberga e di Tokyo, e negli anni successivi nel sistema delle Nazioni Unite se ne discusse ripetutamente, soprattutto in relazione alla persecuzione dei delitti "contro la pace e la sicurezza dell'umanità".

Nel maggio del 1993, la Commissione internazionale dei Giuristi presenta un documento, nel quale analizza ampiamente i problemi connessi con l'istituzione di una giurisdizione penale internazionale. Essa arriva alle seguenti conclusioni più importanti:

- si pronuncia a favore della creazione di una Corte penale internazionale permanente e indipendente per giudicare i responsabili di crimini di diritto internazionale; per definire tali crimini si fa riferimento al progetto di Codice dei crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità della Commissione di Diritto internazionale dell'ONU (che menziona, fra altri, i delitti di genocidio, apartheid, violazioni sistematiche e massicce dei diritti umani, crimini di guerra, traffico illegale di droga, terrorismo, ecc.); tuttavia, si prevede esplicitamente il ricorso anche ad altre fonti del diritto internazionale;

- si ipotizza la competenza giurisdizionale esclusiva di questa Corte per alcuni grandi delitti internazionali, mentre potrebbe essere concorrente rispetto ad alcune altre ipotesi di reato; la giurisdizione della Corte non dovrebbe essere considerata "straniera" in nessun paese, altrimenti si potrebbero porre dei problemi per l'estradizione;

- la Corte dovrebbe avere una competenza per conoscere e giudicare i fatti nel merito, non solo di appello o di cassazione;

- una procura indipendente, separata dall'organo giudicante, dovrebbe sostenere l'accusa, con tutte le necessarie garanzie;

- per l'istituzione della Corte, si suggerisce la stipula di un apposito trattato internazionale, e si prevede che essa abbia relazioni formali con l'ONU.


c) Commissione di Diritto internazionale dell'ONU: un codice internazionale dei delitti contro la pace e la sicurezza dell'umanità, un progetto di statuto per un Tribunale penale internazionale

All'inizio degli anni 80, l'Assemblea generale dell'ONU aveva invitato la Commissione di Diritto internazionale ad elaborare un codice internazionale dei delitti contro la pace e la sicurezza dell'umanità. Sulla base di tale mandato, la Commissione ha elaborato, durante la sua sessione dal 3 maggio al 23 luglio 1993 a Ginevra, un progetto di statuto per un Tribunale penale internazionale. Dal 26 ottobre 1993, questo progetto è passato allo studio della Sesta commission dell'Assemblea generale e degli Stati membri: si prevede che l'Assemblea generale tratti la questione nel corso del 1994; gli Stati dovrebbero formulare una loro presa di posizione entro la fine di febbraio. La stessa Sesta commissione ha adottato, il 23 novembre 1993, una risoluzione con la quale invita gli Stati membri a sottomettere entro il 15 febbraio le loro osservazioni sulla bozza di statuto, e chiede alla Commissione di Diritto internazionale di continuare il suo lavoro, con l'obiettivo di arrivare ad una bozza di statuto possibilmente per la sua 46a sessione.

I "Parliamentarians for Global Action", in un resoconto dei lavori della Sesta commissione, rilevano che non sembra esservi ancora un sostegno sufficiente per imporre una decisa scadenza alla Commissione Legislativa perché concluda la sua bozza entro il 1994; l'opposizione più forte sembra essere venuta dagli USA e da un gruppo di paesi in via di sviluppo assai sensibili alla questione della sovranità nazionale, tra cui la Cina. Per ora, tali resistenze sembrano concentrarsi più sui tempi di avanzamento che non sulla sostanza dei lavori.

Nei sei capitoli del progetto di statuto si esaminano distintamente i seguenti aspetti:

- costituzione e composizione del Tribunale (relazione con l'ONU, status, organi, selezione dei giudici, garanzie per essi, funzioni, composizione e funzionamento della procura d'accusa, ecc.); si prevedono Tribunale, Procura e Cancelleria;

- giurisdizione e diritto applicabile; si esaminano diverse possibilità, alcune alternative, altre complementari tra loro: in particolare quelle derivate da trattati che specificano condotte criminose di diritto internazionale, e trattati che obbligano i legislatori nazionali ad introdurre determinate fattispecie criminali; si ipotizza che i casi possano essere devoluti alla giurisdizione di questo Tribunale sia per espressa decisione dello Stato firmatario dello statuto, sia per devoluzione "ope legis", a norma del trattato che definisce il crimine;

- svolgimento delle indagini e apertura del procedimento di accusa;

- espletamento del giudizio;

- appello e revisione;

- cooperazione internazionale ed assistenza giudiziale (rogatorie, consegna di persone e documenti, ecc.).

Resta aperta la questione sino a che punto il Tribunale sia da considerare organo delle Nazioni Unite.

Il Consiglio di sicurezza dell'ONU avrebbe il diritto di sottoporre dei casi alla giurisdizione del Tribunale, ricorrendo ad esso anche come alternativa alla costituzione di tribunali ad hoc.

d) Parlamento europeo: insiste per il Tribunale sull'ex Iugoslavia (e per il suo finanziamento); particolare attenzione alle donne

In diverse occasioni il Parlamento europeo si è pronunciato in favore dell'istituzioni di nuove giurisdizioni internazionali (come, ad es., di un Tribunale internazionale per l'ambiente), anche se non vi ha dedicato sinora alcuna sua indagine o risoluzione più approfondita.

Riguardo ai crimini di guerra commessi nell'ex Iugoslavia, la risoluzione più notevole e dettagliata è stata approvata - in seguito ad una audizione "ad hoc" tenuta il 18 febbraio 1993 dalla commissione per i diritti delle donne - in data 11 marzo 1993, poco dopo l'approvazione della risoluzione 808 (1993) del Consiglio di sicurezza, alla quale esplicitamente si plaude. Nella risoluzione del PE (B3-0374, 0412, 0430/93) si sollecita, tra l'altro, la rapida istituzione del tribunale deciso dall'ONU e si chiede che i mezzi necessari vengano messi a disposizione. Particolare attenzione viene riservata alle violazioni commesse nei confronti delle donne: si sottolinea la necessità specifica di includere questi crimini tra quelli che il tribunale giudicherà, si postula l'inversione dell'onere della prova, si esige che tra i membri del tribunale le donne siano adeguatamente rappresentate e si propone un efficace servizio di consulenza giuridica per le vittime. Anche successivamente, il PE torna più volte alla carica: il 27 maggio 1993 insiste per la rapida istituzione del tribunale, il 16 settembre 1993 ribadisce questa esigenza e si rivolge ai governi degli Stati membri, ed ancora il 15 dicembre 1993 critica il Consiglio dell'Unione per non aver sollevato il problema del necessario finanziamento del tribunale e torna a chiedere un forte impegno agli Stati membri.

e) conclusione provvisoria: si può perseguire l'obiettivo di un Tribunale penale internazionale con ragionevole flessibilità e forte determinazione

Alla luce delle numerosissime difficoltà teoriche, pratiche e soprattutto politiche, che la riflessione sulla possibilità di istituire una Corte internazionale penale (vuoi in linea generale, vuoi più specificamente per sanzionare dei crimini di guerra o determinati crimini particolari), e sulla base di non pochi ed autorevoli lavori preparatori che in varie sedi si sono già svolti da decenni, si dovrà concludere che si tratta di una proposta ben fondata, ma ardita, che incontra molte e comprensibili resistenze, riconducibili in primo luogo alla difesa della sovranità cosiddetta nazionale e degli interessi cosiddetti nazionali degli Stati. Se si vuole realizzare tale obiettivo, verso il quale ormai dal seno delle Nazioni Unite e della società civile di molti paesi, oltre che di ambienti giuridici ed accademici specializzati ed altamente qualificati, esso richiede, sotto il profilo politico, una forte determinazione ed un larghissimo consenso, e sotto il profilo pratico molto spirito pragmatico ed empirico. Non si potrà fare altro che partire da quegli elementi di diritto e di fatto che già si possono considerare largamente acquisiti ed oggetto di consenso: sia in ordine ai crimini da punire, alle competenze da assegnare ad un Tribunale internazionale, al diritto da applicare, alle strutture che esso potrà avere, al posto che gli potrà competere nel sistema delle Nazioni Unite e dell'ordinamento giuridico internazionale.

III. Il Tribunale internazionale incaricato di giudicare gli autori di violazioni del diritto umanitario commesse nell'ex Iugoslavia

Dopo quanto detto sopra, si può ancora meglio apprezzare la portata davvero "rivoluzionaria" delle risoluzioni 808/1993 (22.2.1993) e 827/1993 (25.5.1942) del Consiglio di sicurezza, con cui si è dato vita al Tribunale ad hoc sui crimini contro l'umanità nell'ex Iugoslavia. Si è così voluto istituire un organo giudiziale internazionale, capace - si spera - di ristabilire una qualche fiducia nel diritto umanitario internazionale e di esercitare una precisa azione esemplare e preventiva, con un effetto deterrente verso chi si abbandona al ricorso alla forza al di fuori e contro il diritto internazionale. Dall'esito di questa prima ed importantissima esperienza dipenderà in grande misura anche il futuro sviluppo delle possibilità di dotare l'ordinamento giuridico internazionale e il sistema delle Nazioni Unite di un organismo giurisdizionale permanente per la persecuzione di quei crimini internazionali che difficilmente troverebbero un giudizio ed una sanzione adeguata e credibile a livello nazionale.

Tale decisione è maturata in tempi brevi e attraverso un crescendo di determinazione politica, spinta dagli eventi sempre più orribili che hanno caratterizzato la guerra nell'ex Iugoslavia. Nella risoluzione 771 (13.8.1992) del Consiglio di sicurezza, di fronte alle numerose violazioni del diritto umanitario internazionale, "comprese quelle che derivano dalla pratica dell'"epurazione etnica", si chiede agli Stati e alle organizzazioni umanitarie internazionali, di raccogliere informazioni riguardanti le violazioni del diritto umanitario commesse nel territorio dell'ex Iugoslavia (comprese le violazioni gravi delle Convenzioni di Ginevra) e di metterle a disposizione del Consiglio stesso. Nella risoluzione 780 (6.10.1992) si decide l'istituzione di una "commissione di esperti" per indagare su tali violazioni commesse nell'ex Iugoslavia. Poco dopo, con la risoluzione 787 (16.11.1992), il Cds nota con soddisfazione la creazione di tale Commissione e la prega di continuare nelle sue indagini, con particolare riguardo alla pratica dell'"epurazione etnica". Tuttavia solo pochi paesi (Canada, Danimarca, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia, USA e - almeno con una promessa - i Paesi Bassi) contribuiscono ad alimentare lo speciale "Trust Fund" istituito dal Segretario Generale dell'ONU, e dei 1,8 milioni di dollari necessari è arrivato, alla fine del 1993, solo 1 milione.

Anche la Conferenza di Londra, svoltasi sotto gli auspici congiunti dell'ONU e della CE, conclusasi il 27 agosto 1992, menziona tra gli obiettivi specifici dell'azione internazionale, tra l'altro: "fare in modo che tutte le persone soddisfino le obbligazioni che loro incombono in virtù del diritto internazionale umanitario", "prendere tutte le misure giudiziarie possibili al fine di perseguire gli individui responsabili di aver commesso o fatto commettere gravi infrazioni alle Convenzioni di Ginevra", "istituire un registro delle infrazioni al diritto internazionale umanitario accertate". Nella stessa direzione vanno le rivendicazioni approvate da rappresentanti non-governativi di tutte le repubbliche e regioni dell'ex Iugoslavia durante la prima sessione del "Verona Forum for Peace and Reconciliation in the Territory of Former Yugoslavia" (Verona, 17-20.9.1992) e la successiva "Conferenza sulla punizione dei crimini di guerra" (promossa anch'essa da ONG dell'ex Iugoslavia, sotto l'impulso dell'Anti-War-Centre di Belgrado) a San Remo (4-6.12.1992). Anche il Consiglio europeo di Edimburgo (11-12.12.1992), decidendo di inviare una missione di indagine "ad hoc" sull'uso sistematico dello stupro, si muove in una direzione analoga. E' questo il terreno sul quale maturano le due decisive risoluzioni del Cds, 808 e 827.

a) le risoluzioni 808 e 827 del Consiglio di sicurezza dell'ONU

La prima delle due risoluzioni decideva, sulla base di un rapporto della Commissione di esperti precedentemente istituita, che un tribunale internazionale sarebbe stato costituito per giudicare le persone responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nel territorio dell'ex Iugoslavia dal 1991 in poi, incaricando il Segretario generale di sottoporgli entro 60 giorni una relazione quanto più completa possibile e con proposte specifiche per l'attuazione della decisione stessa. Il 3 maggio successivo, il Segretario generale sottoponeva la sua relazione al Consiglio, indicando quali erano, a suo avviso, le basi legali per l'istituzione del Tribunale, la sua competenza, la sua organizzazione, i procedimenti delle indagini e preliminari al processo, le norme processuali e per l'appello delle sentenze, per la cooperazione e l'assistenza giudiziale, nonché alcune considerazioni su costi, funzionamento e statuto dello stesso.

Nella proposta del Segretario generale vengono superati, in modo sorprendente e creativo, tanto da giustificare l'appellativo "rivoluzionario" che qualcuno ha voluto usare, molti dei problemi che sin qui avevano impedito l'istituzione di un Tribunale penale internazionale: né un nuovo trattato internazionale, né una modifica della Carta dell'ONU, né alcun complicato processo di ratifica o di adesione internazionale hanno segnato il suo cammino, bensì il ricorso al Capitolo VII della Carta, laddove si prevedono le "misure destinate a mantenere o a restaurare la sicurezza o la pace internazionale". Così, tutti gli Stati membri vengono di per sè obbligati ad accogliere le decisioni prese ai sensi del Capitolo VII della Carta dell'ONU.

Si tratta comunque di un organo sussidiario delle Nazioni Unite, ai sensi dell'art. 29 della Carta, la cui natura giurisdizionale postula di per sè la necessaria indipendenza. Per quanto riguarda il diritto applicabile, lo si desume - superando notevoli formalismi - dal diritto internazionale umanitario sia convenzionale (derivante da Trattati e Convenzioni) che consuetudinario: in tal modo, la stessa questione dell'adesione o meno di certi Stati (magari di nuova costituzione) a questa o quella Convenzione internazionale non si pone più. La competenza ratione materiae del Tribunale può essere definita davvero come molto ampia.

Il Tribunale dovrà attenersi, per le pene che vorrà comminare, alla legislazione dell'ex Iugoslavia, escludendo comunque la pena di morte. Esso non procederà in contumacia degli imputati: quest'ultimo aspetto appare foriero di non pochi e forse insormontabili ostacoli che rischiano di vanificare buona parte dell'efficacia del Tribunale stesso.

b) l'istituzione del Tribunale, la scelta dei giudici

Con la risoluzione 827 il Cds prendeva, inoltre, le seguenti decisioni:

- approvazione della relazione del Segretario generale;

- istituzione di un Tribunale internazionale ad hoc, con l'unico proposito di giudicare le persone responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse sul territorio della ex Iugoslavia a partire dal 1° gennaio 1991, sino al termine che il Consiglio stesso fisserà;

- adozione dello statuto del Tribunale;

- pressante invito agli Stati membri ed organizzazioni internazionali perché contribuiscano con fondi e con personale qualificato;

- provvedimenti pratici per la sollecita istituzione del Tribunale.

Seguiva la risoluzione 857 (20.8.1993), con l'approvazione, all'unanimità, di una lista di 23 giudici candidati da sottoporre all'Assemblea generale, che ne doveva eleggere 11 per un periodo di 4 anni, e il voto del 17 settembre 1993 da parte dell'Assemblea generale che, a maggioranza assoluta, eleggeva gli 11 giudici, in rappresentanza dei maggiori sistemi giuridici del mondo. Si tratta di Georges Michel ABI-SAAB (Egitto), Antonio CASSESE (Italia), Jules DESCHENES (Canada), Adolphus Godwin KARIBI-WHYTE (Nigeria), Germain Le FOYER de COSTIL (Francia), HAOPEI Li (Cina), Gabrielle KIRK Mc_ONALD (USA), Elizabeth ODIO BENITO (Costa Rica), Rustam S. SIDHWA (Pakistan), Sir NINIAN Stephen (Australia), Lal CHAND VOHRAH (Malaysia).

Il 21 ottobre 1993, il Consiglio di sicurezza nominava il Procuratore dell'accusa presso il Tribunale, nella persona di Ramón ESCOBAR SALOM, Procuratore generale di Stato del Venezuela.

Il Tribunale si è riunito per la prima volta dal 17 al 30 novembre 1993, all'Aia, per l'inaugurazione solenne, la prestazione del giuramento ed una prima sessione di lavoro, che poi è stata aggiornata al mese di gennaio (17.1-11.2.1994), per definire le proprie regole di procedura e valutazione delle prove e testimonianze. Successive sessioni sono previste dal 25 aprile al 29 luglio e dal 19 settembre al 4 novembre 1994: in tali sessioni il Procuratore dovrebbe portare le sue prime accuse.

Dopo la seduta inaugurale solenne, i lavori sono proseguiti a porte chiuse, approdando ad alcune importanti decisioni, tutte prese all'unanimità. Il Tribunale ha eletto suo Presidente il giudice italiano Antonio CASSESE e vice-presidente Elizabeth ODIO BENITO (Costa Rica), decidendo che la durata di tali cariche sarà di due anni, rinnovabili al massimo una volta. Il Tribunale si è organizzato in due sezioni penali di tre membri ciascuna (presiedute rispettivamente da Gabrielle KIRK Mc_ONALD e Adoìphus Godwin KARIBI-WHYTE), ed una sezione di appello, presieduta dal Presidente CASSESE. E' previsto un sistema di rotazione tra i giudici nella composizione delle sezioni. Anche l'abbreviazione ufficiale del Tribunale è stata fissata: "Il Tribunale Internazionale per crimini nell'ex Iugoslavia" ("The International Tribunal for Crimes in Former Yugoslavia"). Molte questioni pratiche sono state almeno avviate a soluzione, quali, ad esempio, l'istituzione di una Cancelleria, la nomina di un Cancelliere e di un Sostituto procuratore, la documentazione, ecc.

Tra i problemi più spinosi emersi finora, sembrano esservi la raccolta della documentazione e delle testimonianze, la citazione e la concreta comparizione degli imputati, nonché il finanziamento del Tribunale. Il Tribunale stesso ha inoltre chiesto al Segretario generale dell'ONU di rivolgersi agli Stati per chiedere le necessarie garanzie e riconoscimento, facilitazioni pratiche, messa a disposizioni di collaboratori qualificati di adeguato livello e così via.

IV. Azione del Parlamento e dell'Unione europea

La relazione PE dovrà occuparsi in particolare della valutazione del mandato e del significato politico sia del Tribunale ad hoc, sia di un futuro Tribunale penale internazionale, affrontando soprattutto i seguenti due aspetti:

a) azione del PE e dell'Unione europea a sostegno del Tribunale sull'ex Iugoslavia;

b) azione del PE e dell'Unione europea a sostegno dell'istituzione di un Tribunale penale internazionale permanente, per giudicare i responsabili di crimini di guerra o, con un mandato più ampio, per la persecuzione degli autori di gravi delitti internazionali.

Sotto il primo profilo il PE potrà raccomandare, in particolare, che l'Unione includa tra le azioni comuni ex titolo V del Trattato dell'Unione iniziative in questo senso, sia in seno alle Nazioni Unite ed altri organismi internazionali, sia più direttamente rispetto al Tribunale stesso. Il Consiglio dovrà essere sollecitato a compiere sostanziosi passi per sostenere politicamente, finanziariamente ed operativamente l'attività del Tribunale, la dotazione di personale e mezzi, la raccolta di informazioni e documenti, la citazione e l'adduzione di imputati e testimoni. Inoltre si dovrà chiedere un impegno specifico dell'Unione e dei suoi Stati membri per finanziare anche l'attività della "Commissione di esperti" istituita dal Cds, essendo essa sicuramente la migliore fonte attuale di documentazione e prove. Ma uno sforzo particolare dovrebbe essere rivolto anche a tutti quegli organismi indipendenti e democratici dei diversi territori ex-iugoslavi (a cominciare dalla Serbia e dal Montenegro stesso) che da molti mesi operano per la denuncia dei crimini, la raccolta di prove e documentazioni, l'individuazione dei responsabili, e che sollecitano con disperata energia l'azione della giustizia internazionale, anche contro i responsabili dei loro stessi paesi e governi.

Sotto il secondo profilo, il PE potrebbe esprimere il suo sostegno all'obiettivo della creazione sollecita di un Tribunale penale internazionale, puntando sostanzialmente alla realizzazione di quanto in sede ONU è sin qui arrivato a buon punto di maturazione, ed impegnando in tal senso l'Unione e gli Stati membri; anche tale iniziativa potrebbe opportunamente formare oggetto di un'azione comune di politica estera e di sicurezza. Si tratterebbe di sottolineare la necessità di trarre dall'esperienza del Tribunale "ad hoc" sull'ex Iugoslavia tutti i possibili insegnamenti. Il Parlamento potrebbe anche sottolineare la necessità di una coraggiosa e non convenzionale esplorazione nel mondo politico, giuridico e filosofico, allo scopo di definire le fattispecie di reato internazionale che oggi maggiormente esigono la prevenzione e la sanzione internazionale.


Allegato

PROPOSTA DI RISOLUZIONE

(B3-0317/93)

sulla creazione di un tribunale internazionale per i crimini di guerra

presentata a norma dell'articolo 63 del regolamento

dall'on. Arbeloa Muru

A. considerando la raccomandazione n. 1189 approvata nel 1992 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa,

B. considerando che in base all'attuale diritto internazionale non vi è alcun organo giurisdizionale competente per giudicare i crimini di guerra, ai quali vanno associati i crimini contro la pace e contro l'umanità, incluso il genocidio, tutti reati definiti in vari testi internazionali,

C. esprimendo la propria adesione alla risoluzione adottata dall'Unione Interparlamentare nella sessione dell'ottobre 1991 a Santiago del Cile,

1. raccomanda al Consiglio dei ministri ed agli Stati membri di compiere i passi necessari in ambito ONU per convocare una conferenza diplomatica internazionale incaricata di elaborare una convenzione sull'istituzione di una giurisdizione penale e per sostenerne successivamente l'attività.

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