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L'Est è forse più verde dell'Ovest?

1.3.1991, Da "Arancia blu", Marzo 1991
Fino a un anno fa si poteva credere che tra le sensibilità e gli obiettivi più immediatamente comuni tra la gente dell'est e dell'ovest europeo ci fosse la preoccupazione ambientale. Mentre movimenti come quello per i diritti civili o per la pace - pur proclamandosi in qualche modo uniti tra est e ovest - in realtà divergevano abbastanza nettamente, quelli ambientali sembravano direttamente e visibilmente "identici": "acqua, aria e suolo" (seconda la famosa formula dell'Ekoglasnost bulgara) ponevano all'est gli stessi problemi che all'ovest, e la differenza di regime e di sistema non inficiava la diretta ed immediata utilizzabilità reciproca delle analisi e delle proposte. Un volantino dell'ovest e dell'est potevano assomigliarsi moltissimo, ed in più le iniziative ecologiste all'est per qualche anno (1987-89) godevano di maggiori margini di tolleranza rispetto a movimenti che sembravano più nettamente esprimere anche un'opposizione politica generale.

Ora invece, che muri e "cortine di ferro" si sono dissolte, si scopre che tra ecologisti dell'est e dell'ovest non solo non c'è identità, ma che su questioni singole non marginali e sulle stesse impostazioni di fondo le differenze sono spesso assai marcate. Anche in campo verde, quindi, le due metà dell'Europa che si re-incontrano e procedono un po' faticosamente verso la re-integrazione del "vecchio continente", hanno sì un'ampia eredità comune ed un senso di reciproca coesione, ma dovranno sforzarsi non poco per esprimere un progetto se non comune (in una prima fase), almeno compatibile.

Dall'est provengono segnali abbastanza netti che gli ecologisti non riescono - per ora - a sottrarsi alla generale domanda di recupero e di "indennizzo" che sale da quelle società: "perchè - si chiede la gente all'est - a noi dovrebbero essere negate le vetrine luminose, le autostrade e le automobili, le centrali atomiche e le confezioni usa-e-getta, le tecnologie e le pornografie che contrassegnano la prosperità (e magari la stessa democrazia) in occidente?" Per gli ambientalisti questa impostazione assai spesso si traduce principalmente in una domanda di "know-how" ambientale: come fare una valutazione di impatto ambientale? come risolvere il problema della depurazione delle acque o dello smaltimento-rifiuti o della sicurezza delle centrali? come contenere la dissipazione energetica? e così via. Fino a chiedere all'ovest l'invio di denaro e di tecnici e una stretta cooperazione (per esempio nella costituenda agenzia europea per l'ambiente). E dei verdi occidentali (sino a poco fa identificati soprattutto con i "Grünen" tedeschi) si pensa che del socialismo (anche "reale") e dei suoi effetti continuino ad avere una visione in qualche modo idealizzata e pericolosamente indulgente.

All'ovest viceversa si tende a scandalizzarcisi di fronte a tanta presunta arrendevolezza consumista (che lambisce anche i verdi), a posizioni che qua e là addirittura arrivano ad accettare l'uso dell'energia nucleare, a sogni di "diventare come l'Occidente" (magari proprio come l'Occidente della tecnologia ambientale avanzata). E si tenderebbe a desiderare degli interlocutori ecologisti all'est che fossero, invece, partigiani della lentezza, del riuso e del riciclaggio, dell'agricoltura senza chimica, della diffidenza contro industrialismo, motorizzazione e le stesse tecnologie di restauro ambientale affidate ai grandi colossi industriali che prima hanno gestito le tecnologie del degrado.

Discutendo nel 1988 con Roy Medvedejev sulle prospettive dell'ambientalismo in Unione Sovietica, mi sentii dire: "da noi tutto viene inquinato, perchè nulla ha un prezzo - ciò invita alla dissipazione". Ed io gli risposi: "da noi tutto viene inquinato, perchè tutto ha un prezzo - e c'è chi lo può pagare e quindi appropriarsi della natura". Avevamo ragione entrambi, e la stessa discussione - oggi in voga - se il sistema occidentale o quello comunista abbia prodotto maggiori danni ambientali, rischia di non andare al fondo della questione e di accontentarsi della macroscopica evidenza dell'inquinamento da carbone, delle centrali nucleari dissestate ed inaffidabili e del degrado urbano dei paesi dell'est per concludere che la rapida annessione dell'est all'ovest non potrà che migliorare - comunque - la situazione.

Ci vorrà del tempo perchè l'ecologismo dell'ovest e dell'est convergano in un comune progetto di autolimitazione e contrazione dell'espansione (soprattutto in Occidente) e ricerca di uno sviluppo più lento, più moderato e meno nocivo per l'ambiente, senza ripetere gli errori occidentali (soprattutto ad est). Forse occorre una immediata "triangolazione" dell'ovest e dell'est europeo con il sud povero e "arretrato" per trovare strade eque e compatibili con la biosfera e con la giustizia tra i popoli.
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