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Via dalla casa di vetro. Educazione e Cristianesimo

1.4.1968, Die Brücke -4/1968 traduzione Barbara Gruner

In questo contributo vorrei mettere a disposizione della discussione un problema che si è posto dal rinnovamento della coscienza come conseguenza del Concilio e delle tante considerazioni che sono seguite: si tratta della questione dell' "educazione cristiana". Una tradizione centenaria ha formato più o meno una ben specifica "educazione cristiana", che però oggi a causa dei cambiamenti del nostro tempo è diventata discutibile, ancora prima che l'opinione cristiano–cattolica potesse reagire.

Ci si può chiedere perché la crisi si manifesti soltanto ora con questa gravità, ma forse così non si darebbe giustizia a questo problema: io sono convinto che la questione non esista soltanto da oggi, però nel nostro tempo ha la possibilità di esprimersi meglio, perché un clima di maggiore libertà e minori pregiudizi anche all'interno della chiesa permette di affrontare alcuni aspetti finora taciuti o ignorati.

E' chiaro che le seguenti righe non possono e non vogliono risolvere la questione, però attraverso queste vuole essere offerto un contributo alla critica e al confronto.

Educazione alla fuga?

Sarà probabilmente soprattutto il sentimento della sicurezza e tranquillità a tutti i costi a dover fare posto ad un nuovo sentire secondo la nuova immagine del credo della chiesa: la chiesa (come anche la preparazione educativa alla vita nella chiesa) non può più considerarsi come una città murata o una fortezza che offre difesa contro il nemico e calore del nido ai propri membri. Le conseguenze devono essere tratte soltanto lentamente: comunque io credo che l'atteggiamento dell'educazione cristiana prevalentemente orientato alla difesa dovrebbe essere superato.

Nella pratica questo può avere numerosi risvolti: la opinione tradizionale di educazione come conservazione di fronte a qualcosa deve fare spazio a un altro concetto. Per esempio, le scuole cattoliche, un certo tipo associazioni cattoliche, certi eventi “cattolici” e simili sopravviveranno sani a questo rinnovamento o dovranno accettare cambiamenti radicali (al limite anche scomparire)?

In generale una “educazione alla fuga” ha determinato frequentemente numerose generazioni cattoliche (o cristiane in generale). Il motto sembrava tendere soprattutto a evitare ogni pericolo di contaminazione con parti del “mondo”: agli adolescenti cristiani è stato indicato di evitare questo e quello o almeno di affrontare con estremo riguardo tutto ciò che si faceva “nella vita fuori”.

Non a caso venivano anche posti certi esempi degni d'imitazione (come San Aloisio) che venivano resi utili a questa mentalità.

Il risultato di questo atteggiamento difensivo si rivelano in tanti ambiti, dei quali la molto citata morale sessuale non è neanche il primo: mi sembra realtà che soltanto da questa “educazione” si spiega il prudente e pauroso pensare di tanti cattolici di fronte al “mondo”. La tradizionale obbedienza offre protezioni a sufficienza e assicura la costituita “Civita Dei” contro pericoli e dubbi: la propria responsabilità viene in questo sistema raramente vissuta, raramente si può penetrare nella propria responsabilità, troppi istanze sollevano la coscienza da essa, così non si deve sorprendere, che in caso manchino direttive non si sa più cosa fare e si prendono decisioni sbagliate.

 

Perciò mi sembra indispensabile un'educazione coraggiosa nello spirito della chiesa come “comunità in movimento” come popolo di Dio, nella quale libertà e responsabilità vengono precocemente sperimentati ed affrontati. Dove altrimenti sì che in una comunità fondata su amore e libertà si può meglio imparare la responsabilità? Naturalmente ci vuole coraggio e fiducia, ma queste due proprietà sono a casa nel regno di Dio.

Nessun “mondo cattolico parallelo o di concorrenza”

Se l'educazione cristiana abbadona il suo atteggiamento di difesa e ha il coraggio di delegare la responsabilità, senza toglierla alla singola persona con i meccanismi di controllo, di si supererano certe mentalità di fuga. Io penso in questo contesto alla tipica tendenza cattolica, specialmente durante il tempo d'educazione (ma anche oltre) di separare il cristiano dal mondo e di trapiantarlo in una asettica casa cattolica di vetro.

Questa tendenza si esprime concretamente nel interesse di mettere di fronte alle esistente strutture del “mondo” una ecclesiastica, così che il cristiano si trova spesso in un irreale “mondo parallelo”, dove lui gioca ad essere uomo e mondo. Sindacato cattolico, associazioni sportive cattoliche, tempo libero, associazioni culturali e tanto altro danno l'illusione da un lato di “stare totalmente nel mondo” e dall' altro lato di non “essere totalmente di questo mondo” e di costruire strutture di concorrenza là, dove non hanno una giustificazione di esistere o almeno non hanno storicamente un compito reale. Così i cristiani fanno finta di “essere impegnati”, mancano però spesso in quelle strutture con un vero impegno incondizionato dove si tratta di costruire e di migliorare il mondo per tutti – non solo per i cristiani.

Questo stare lontano dalle strutture che non sono specificamente cristiane è caratteristico per l'integralismo cattolico ormai superato e dovrebbe oggi non essere più praticato. Questo però chiede che anche l'educazione cristiana si basi su una vera cooperazione fraterna nel mondo alla base di un atteggiamento collaborativo, se non vogliamo che già l'uomo giovane viene preparato a vivere in un mondo illusorio fatto solo con persone dello stesso pensiero. Una rinuncia a tutte quelle strutture che non servono per un utilizzo strettamente ecclesiastico e lo stesso hanno un etichetta cattolica farebbe non solo la chiesa più vera e più povera (liberandosi anche qui dei poteri del mondo), ma anche sarebbe una più vera esperienza di chiesa e di Dio, che troverebbe la sua sicurezza in Dio e non in una pseudo – sicurezza.

Anche la fraternità fra gli uomini, che è sempre di più d'obbligo in un mondo pluralistico, potrebbe essere vissuta veramente soltanto quando si rinuncia alle inutili strutture illusionistiche per poter conoscere realmente da vicino lo spesso citato prossimo e di collaborare con lui (anche se si trattasse d'un Samaritano …).

Questo non significa che ogni struttura o comunità della chiesa è inutile: ma è solo in quella misura

plausibile che non costituisce istituzioni parallele ( per esempio associazione degli industriali – imprenditori cristiani), ma si occupano delle proprie cose originale cristiane.

Non sarà facile rinunciare all'“educazione cristiana”con tutte quelle funzioni che si fanno in parallelo senza essere chiamata per questo (per esempio: feste di ballo, sport, arrampicata in montagna, giochi ecc. tanti oratori potrebbero offrire vari esempi) magari dovrebbe iniziare una discussione propria su quello che è veramente necessario per una educazione cristiana. Innegabile mi sembra però che venga messo in discussione la purezza e i centrali compiti dell'educazione cristiana con attività sostitutive.

Senza violentare l' uomo

Un altro punto, che la riflessione postconciliare dovrebbe prendersi in carico, mi sembra sia il problema della vera umanizzazione. Non si tratta d'educazione, ma di una questione fondamentale che non può essere esaurita con queste righe.

Pesa rispetto a questo una centenaria anticristiana (ma predicata da cristiani) divisione fra anima e corpo, fra materia e spirito su di noi. Naturalmente spetta la prevalenza all'anima e allo spirito, invece il corpo e la materia potevano essere sottomessi... Una posizione “spirituale” di questo genere portava ad un'educazione, che voleva favorire nel cristiano soprattutto l'amore verso Dio, in realtà però violentava su questa via della “sovra natura” (come si poteva separarle dalla “natura”). Si ignorava la “natura” o nel migliore dei casi veniva visto come un trampolino verso Dio, senza rendersi conto che Dio aveva creato l'uomo come un tutt'uno. Magari perchè l'amore cristiano vede il prossimo come un mezzo per incontrare Cristo, ma non ci confrontiamo veramente con lui, senza amarlo veramente e senza mettere in gioco nel confronto con l'altro il nostro essere uomo. Una certa umanità sostitutiva che a noi cristiani ci rimproverano spesso, viene cercato di salvare in seguito nel ambito “sovrannaturale” quello che dove è mancato nella relazione fra uomo – uomo (soggettivamente è questo anche onesto).

Perciò mi sembra che l'educazione cristiana deve affrontare seriamente quello che teoreticamente da 2000 anni è accertato: si deve essere uomo per essere cristiano. Solo veri uomini possono realizzare questo, che in Cristo e nella chiesa fanno reale e credibile la storia della salvezza.

Non in uno spazio immaginario

Uomo può essere soltanto uomo nel suo tempo. E anche a tale riguardo penso che l'educazione cristian ha mancato totalmente. Perché frequentemente i cristiani si contraddistinguono per la loro mancanza di coscienza storica: loro fraintendono i segni del tempo perché la loro educazione non lavora per un riconoscimento e l' interpretazione della storia. Così succede che tanti cristiani fanno, personalmente o in associazioni di San Vincenzo azioni caritative, ma non hanno nessuna coscienza politica che permetterebbe a loro di attuare azioni d'aiuto per tutti. In generale la diffidenza verso la politica è terribile, è un preciso sintomo di quanto il cristiano lavora ignorando i bisogni del proprio tempo. Questo non sorprende, quando si pensa quanto tempo ( e spesso ancora oggi) l'educazione cristiana punta alla verità assoluta senza mettersi in relazione verso il “quì e oggi”. Così tanti cristiani imparano conoscere il Cristo storico ma non sanno riconoscerlo nei popoli sottomessi del Terzo Mondo, imparano che libertà e giustizia sono valori alti ma non riescono decidersi oggi nel concreto per le manifestazioni concrete di questi valori, loro imparano “in astratto” il comandamento del amore e della fraternità, non sanno però come può essere applicato nei singoli casi.

Un'educazione orientata alla metafisica (cosa e verità per sé) o nel miglior caso orientata a una morale individuale diventa necessariamente oggi antistorica. Questo si verifica anche nel metodo applicata che è orientato esclusivamente alla deduzione: si imparano i principi per la vita e vedere poi se nei casi individuali trovano un'applicazione.

Invito alla discussione

Ci sarebbero ancora altre considerazionida fare ma probabilmente basta per avviare un confronto fertile. La critica alla chiesa attuale si basa in fondo sull'amore verso essa e si realizza nel proprio “luogo”. Dove se non qui, nella libertà dei figli di Dio, si deve sviluppare una discussione aperta e sincera?

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