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Grazia Barbiero: presentazione libro "Il premio Alexander Langer alla Camer dei Deputati 1997-2017

2.10.2018, Camera dei Deputati - Sala Aldo Moro

Credo che tra le pagine del libro edito dalla Camera dei deputati, e da me curato, ce ne sia una che meglio, più sinteticamente e forse con maggiore chiarezza delle altre, illumina, fa vedere il senso del grande lavoro svolto per dare vita al Premio Internazionale Alexander Langer. Una pagina sola dove le parole latitano e dove si cede il passo a segni grafici: è “la mappa del coraggio” dove i puntini marcano i luoghi di origine delle premiate e dei premiati. Si va dall’Algeria della prima donna condannata a morte dal fondamentalismo islamico, Khalida Toumi Messaoudi, figura di primo piano della resistenza democratica, al Ruanda di Jacqueline Mukansonera e Yolande Mukagasana. All’apice del massacro di ottocentomila cittadini di quel Paese, nel 1994, la Tutsi Yolande e la Hutu Jacqueline si conoscono appena ma Jacqueline si assume il compito di salvare Yolande da morte sicura, a rischio della sua vita. Audace, inventiva, coerente: è andata controcorrente, ha saltato il muro della sua appartenenza etnica non per tradire le sue radici ma per salvare la vita a quella che sulla carta era la sua nemica. Genocidio da non archiviare nella nostra memoria europea. La prima donna a varcare la soglia del Parlamento italiano per l’assegnazione del Premio Alexander Langer è stata Khalida Toumi Messaoudi. Quando arriva a Roma e poi a Bolzano, sulla sua testa pende la condanna a morte inflittale dal verdetto integralista. Berbera, capelli rossi e pelle bianchissima, entra nella Sala del Cavaliere, sontuosa ma senza cattedra né palco, dove tutti – dagli ospiti d’onore ai rappresentanti delle Istituzioni- stanno seduti in circolo a parlare e ad ascoltare. Pronuncia parole non dimenticabili: “In Algeria le donne sono come gli ebrei per i nazisti, simbolo di una differenza da annientare con ogni mezzo. Diversità fisica prima ancora che mentale. Ecco perché gli integralisti pretendono di nascondere le donne, di velarle, di far scomparire la differenza nella loro fisicità”. Solamente da pochi giorni è finita la lunga clandestinità. Ha 39 anni, è una matematica, e quattro anni della sua vita li ha trascorsi costretta ad inventarsi un nascondiglio, a dormire, notte dopo notte, in un letto non suo per evitare di trasformarsi in un bersaglio troppo facile! E’stata eletta da pochi giorni – a dispetto di molti - nel Parlamento algerino. Ha incassato così una formidabile garanzia formale; per i suoi carnefici tutto sarebbe stato più difficile. Dall’Algeria e dal Ruanda, si passa al Sud Africa, alla Somalia, alla Serbia e al Kosovo, alla Bosnia Herzegovina, alla Polonia, a Israele e Palestina, alla Cina, all’Indonesia, all’Iran, ad Haiti, all’Ecuador, alla Tunisia, a Lesbo, in Grecia, e all’Italia. Tutto inizia più di vent’anni fa, nel 1997. Marco Boato, deputato della Presidenza, propone al Presidente della Camera, Luciano Violante di adottare il Premio Internazionale Alexander Langer. Le deputate dell’Ufficio di Presidenza scelgono di esserne le promotrici insieme al Presidente della Camera. Io ne curo l’edizione e lo farò per tutti gli anni a venire. I Presidenti delle legislature successive - Pier Ferdinando Casini, Fausto Bertinotti, Gianfranco Fini, Laura Boldrini e quest’anno Roberto Fico - decidono di dar seguito all’iniziativa.

Se si guarda alle premiate ed ai premiati, ci vengono incontro persone che con il loro impegno per la pace, la giustizia, la salvaguardia dei diritti umani, dell’ambiente, della specie, stanno sulla strada di Alexander Langer. “E’una bella e interessante eterogeneità – osserva nel libro Anna Bravo, storica, componente del Comitato Scientifico della Fondazione Alexander Langer/Stiftung - ma soprattutto è una conferma che non esiste una ipotetica “personalità altruista”, un “tipo umano” predisposto al bene. Esistono, piuttosto, persone che scelgono il bene e continuano a sceglierlo di fronte a determinate situazioni, in primo luogo nell’incontro empatico con la vulnerabilità di chi soffre per l’ottusa banalità del male, per gli effetti della devastazione e dello sfruttamento, per l’avarizia del mondo di fronte all’enormità della tragedia delle migrazioni, per le guerre e il terrorismo. Mi sembra questo il punto di contatto più spiccato, che si intreccia al registro della cura, la virtù quotidiana cara a Todorov, la virtù di chi guarda agli esseri umani prima che alle ideologie e ai programmi cosiddetti complessivi”. Oggi, con i migranti fermati al Brennero o a Ventimiglia, con reticolati alzati, muri promessi, odio praticato, con il trionfo di politiche grette che respingono e non fanno incontrare, con l’esplosione delle guerre etniche e di religione, con il Mediterraneo diventato un grande cimitero come ha denunciato Papa Francesco, sono davvero profetiche le parole di Alexander Langer, appena lette da Rita Bonaga. Occuparsi del prossimo non è cosa facile in un mondo grande e terribile, in un’epoca di passioni tristi, di frammentazione sociale, di solitudini e di egoismi. Alexander Langer ci ha ricordato che i diritti umani sono universali e che debbono vivere nelle differenze di genere, etnia, territorio, cultura, latitudine. I diritti umani non sopportano alcun relativismo etico, richiedono cogenze e coerenze al diritto internazionale. Ma, soprattutto, essi vivono sull’esempio e sull’impegno di donne e uomini, oscuro per i media. Il Premio Internazionale Alexander Langer, raccontato nel libro - in lingua italiana e in lingua inglese grazie alla preziosa collaborazione di Umberto Cini – con il suo carico di dolori e speranze, con l’urgenza di riparare il mondo, con la staffetta tra generazioni e paesi diversi, trova qui, oggi, e l’ha trovato per vent’anni, un luogo degno per essere proposto all’attenzione di tutti. Alexander Langer, nei suoi quarantanove anni, è corso da un posto all’altro senza mai fermarsi. Sceglieva i luoghi dove accadevano le cose grandi della storia come la Praga del disgelo, l’Albania della grande emigrazione, Israele e il suo disperante conflitto o Rio de Janeiro quando nel 1992 le nazioni Unite organizzarono la conferenza mondiale su ambiente e sviluppo. Ma preferiva realtà meno appariscenti, dove pochi erano disposti ad intervenire e dove ad essere protagonisti erano in prima persona gli individui. Questo ininterrotto peregrinare aveva, però, un luogo di elezione in cui Langer faceva sempre ritorno: il Sudtirolo-Alto Adige delle sue origini, terra trilingue, che sin da ragazzo era stata la sua scuola, il posto dell’impegno per la convivenza arricchente tra diversi. Il luogo in cui era stato consigliere provinciale e regionale, quando alternava, parlando, la lingua tedesca a quella italiana, suscitando diffidenza e un po’di scandalo. A Bolzano, insieme ad altri, aveva fondato significativamente, la rivista “ Die Bruecke”, il ponte, alla fine degli anni Sessanta. In questa terra ha imparato che il viaggio è andare verso gli altri, muoversi in uno spazio mediano dove è lecito e anche giusto “tradire” la propria parte, non per rinnegarla ma per favorire l’incontro con chi sta compiendo il medesimo sforzo, venendo da altrove. Nel libro si possono leggere le parole di Alexander Langer accanto a quelle degli assegnatari del Premio. Persone che non sono eroine o eroi solitari ma esseri umani che sanno di operare in virtù di un’idea comune: non ci si volta dall’altra parte di fronte al destino degli altri. Non sono volti noti al grande pubblico. Il Premio ha dato loro “luce”, la svelato la bellezza di azioni positive, coraggiose, messe a punto in ogni angolo della terra e generalmente condannate all’invisibilità. Persone, in maggioranza donne, che nei loro Paesi, hanno saltato muri, esplorato frontiere, costruito ponti, mediato tra culture, etnie, appartenenze religiose diverse, suscitando l’attenzione della Fondazione Alexander Langer e del suo Presidente, Edi Rabini. Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, senatrice a vita dal 19 gennaio 2018, ricorda che accanto ad una “memoria del male” c’è una “memoria del bene” da non tradire e insegna ad usare nel modo migliore la storia e la memoria. I volti e le biografie di quanti hanno ricevuto il Premio Langer forniscono allora una rastrelliera di vicende che si possono intendere come “concrete memorie del bene”. Abbiamo un debito nei confronti di queste persone e del senso di responsabilità morale e civile che testimoniano.

(Grazia Barbiero ha curato la redazione del libro)

 

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